C’è qualcosa nella vita in città
By Slam Jam
@slamjamEsci dalla porta di casa, e ti trovi immediatamente in un flusso costante di vita che accade tutt’intorno. A quanto pare, questo flusso di vita ti plasma in molti modi. Per riconoscere ciò che muove e ispira i milanesi bisogna scavare più a fondo e andare oltre la superficie.
Non ci sono molte realtà che dispongono di una connessione e una conoscenza così profonde delle sottoculture giovanili e delle loro influenze come la powerhouse Slam Jam di Luca Benini: una centrale del lifestyle, ben radicata nella sua dimensione urbana. In collaborazione con Slam Jam abbiamo parlato di uno spettro diversificato dei protagonisti della città, che giocano un ruolo cruciale nel plasmare il paesaggio culturale di Milano in tutte le sue sfaccettature.
Dalla skatare a Milano, allo sviluppo urbano della città, ai palazzi in periferia, questa guida fornisce spunti sia ai visitatori che ai residenti per esplorare la città da una prospettiva diversa.
Per celebrare questa partnership, Slam Jam e StockX hanno collaborato ad una Slam Jam x StockX (Un)Corporate Uniforms T-Shirt, disponibile in quantità limitate solo su StockX a partire dal 16 dicembre 2021. Clicca qui per acquistarla ora.
Quello che succede nelle strade rimane nelle strade
@PeterWassiliCrediti foto @lele.lamb
Hey, sono Peter Wassili, ho 22 anni e sono di Milano. Sono nato e cresciuto in questa città, nella periferia nord, a “Niguarda”. I miei genitori sono egiziani. Da quando sono bambino coltivo una passione per motociclette e macchine, anche se nessuno nella mia famiglia ha i miei stessi interessi. Se ritenete che abbia poche passioni vuol dire che non sapete del mio interesse per il video making. Giro video sulla bikelife e documento qualsiasi cosa io faccia.
I tuou contenuti si fanno notare quando scrolli Instagram. Come e quando hai iniziato a filmare contenuti sulle moto?
In Italia m’interessa promuovere uno stile di vita su due ruote, una realtà ancora in evoluzione in questo paese, dove io e il mio team stiamo cercando di far nascere una cultura basata sulla passione per il mondo delle due ruote. Nel 2016 ho preso la mia moto da solo e mi sono filmato con una GoPro. Col tempo le cose si sono fatte più impegnative, e ora montiamo in sella alle nostre moto in gruppo, e io filmo il tutto, provando a raccontare una storia. Per fare questi video spesso finisco nei bagagliai delle auto e sui motorini di fronte a me, ma questa è un’altra storia. Ecco alcuni riferimenti: https://youtu.be/Cd5cxgjxngo
Quali moto hai posseduto, e qual è la tua moto attuale?
Fino ai diciotto anni non ho mai potuto permettermi una moto. Quando ho compiuto 18 anni ho fatto qualsiasi tipo di lavoro, come il cameriere, il pizzaiolo, e così via… e ho comprato la mia prima moto: una Derbi Drd 125 4t. Non era il massimo, ma era tutto quello che potevo permettermi. Dopo la Derbi, ho avuto una Husqvarna Sm 125, e poi una Honda CRF 450. Attualmente non possiedo una moto, ma la prossima sarà davvero assurda. Ci siamo quasi, rimanete sintonizzati.
Qual è la strada migliore a Milano per fare un’impennata con la tua moto?
Secondo me, non esiste una strada perfetta per impennare una moto. Preferiamo strade lontane dal centro, e magari con meno polizia. Guidare in autostrada è molto adrenalinico.
Tu, o i ragazzi che stavi filmando, siete mai stati fermati dalla polizia durante le riprese?
Prossima domanda? Quello che succede nelle strade rimane nelle strade.
Quali calzature funzionano meglio sulla moto?
Il rapporto tra noi motociclisti e le scarpe non è dei migliori. Le roviniamo tutte con il cambio; puoi riconoscere un motociclista dalla sua scarpa sinistra. Indosso sempre le Nike TN o l’Air Force 1, e quest’ultima sempre bianca; mai nera… neanche per scherzo.
Quali sono i posti di Milano che preferisci frequentare, o da cui trai ispirazione?
Tra i miei posti preferiti, devo includere il mio garage. Le persone normali usano il loro garage per parcheggiare un’auto o una moto. Io ho preferito allestirci uno studio con il mio amico Davide, di cui ti ho parlato prima. Trascorriamo praticamente tutti i nostri giorni e le nostre serate qui, inventando cose nuove e lavorando per il nostro marchio “24/7 Fastlife”. In questo posto sono accadute molte altre cose, e noi scriveremo la nostra storia a partire da qui.
Un altro posto che mi piace è la terrazza del mio amico, che vive al secondo piano di un condominio di 16 piani. Ci portiamo sempre le nostre sedie, e andiamo a rilassarci sulla terrazza. Da lassù vediamo tutta Milano. Ci sediamo lì, trascorrendo il nostro tempo a bere e fumare. Una volta, di notte, ho portato la mia moto sulla terrazza e l’ho guidata lì. Non chiedermi perché.
Ultimo ma non meno importante, vi parlerò del mio quartiere, in particolare del mio cortile. Vivo in un cortile composto da 4 edifici, ognuno ad un angolo che forma un quadrato. Vado in bicicletta con i miei amici fin da quando ero bambino, intorno a questa piazza. Non so quante volte ci siamo imbattuti in persone o macchine che giravano all’angolo. Eravamo giovani, e ci lanciavamo in curva senza frenare. Dico sempre che il luogo in cui sono cresciuto ha fatto la differenza, perché se fossi cresciuto in un altro posto, sono sicuro che ora non sarei qui a parlare con te ora. Davide abita al piano sopra di me. Siamo cresciuti insieme, ma quante possibilità c’erano che finisse proprio nel mio palazzo? Era destino. Dovevo nascere qui.
Quale è la tua soundtrack preferita quando guidi la tua moto?
Sono ossessionato dalla trap e dalla drill ed in generale tendo ad ascoltare artisti europei. Dal mio punto vista, è giunto il tempo in cui gli artisti europei inizino a brillare e penso che in 1/2 anni ruberemo l’attenzione ai giganti americani, questa cosa è assurda. Per me, i migliori artisti europei sono Central Cee, Fredo, Freeze Corleone, Morad. Altri giovani talenti italiani promettenti sono Lowred, LB Prada, Digital Astro e Razer.Rah. Sono il futuro del nostro paese.
Slightly Worse for Wear
@_nitacollectionCrediti foto: @beadegiacomo
Mi chiamo Nicoló, ma i miei vecchi amici mi chiamano Schniko. Attualmente risiedo a Milano. Dopo aver studiato design industriale alla Central Saint Martins, ho trascorso gli ultimi 20 anni a sviluppare un linguaggio visivo che potesse essere tradotto in modo universale.
Hai vissuto in tutto il mondo come artista, cosa ti ha fatto tornare a Milano?
Ero negli Stati Uniti, dove stavo dando una mano ad uno dei miei migliori amici, Christian Rosa, nel suo studio di Los Angeles, durante quella che sarebbe diventata una fulminea ascesa alla fama nel giro di un paio d’anni. Che è arrivata con tutti gli annessi e connessi, se capisci cosa intendo. Nello studio avevo una mia sezione dove creavo sculture, e iniziai a lavorare con i gioielli, aiutando un pazzo che si faceva chiamare Snarky. Era fuggito da uno stato americano e a quell’epoca stava fabbricando gli anelli di una tenda per scambisti al Burning Man Festival. Fino a Los Angeles mi ero concentrato sull’illuminazione e i mobili. Poi all’improvviso mi sono reso conto che il nord Italia, e Milano in particolare, era semplicemente il posto migliore in cui vivere per esplorare tutte queste cose contemporaneamente. Quindi sono venuto qui. Dalla pelle al legno, al metallo, a qualsiasi tipo di lavorazione artigianale, o industriale, o prodotto finito che uno possa immaginare, il nord Italia si è sviluppato in una fitta rete di città specializzate nella produzione di un particolare articolo. Come Frosolone, la “città dei coltelli”; o sono diventare addirittura dei veri e propri nomi di marchi: come Burago di Molgora, dove trovi la Burago, storica azienda produttrice di modellini di automobili.
Ci sono luoghi in particolare di Milano da cui trai ispirazione per la tua arte?
Nel complesso, ciò che mi attrae di Milano è la sua natura composita. Cammini per le strade, e non hai mai la più vaga idea di cosa ci sia dietro il prossimo angolo. Gli edifici, le persone, il cibo. È tutto lì, in attesa di sbucar fuori, proprio di fronte a te. Si ha la sensazione che se esiste, allora dev’essere qui a Milano, ed è stato realizzato sicuramente in un modo più ingegnoso e attraente che altrove. Questo mi permette di essere ispirato dal mondo contemporaneo, prendendo spunto dalla scultura, dall’architettura, dall’arte e dalla cultura urbana, rimescolando il tutto in qualunque cosa ne esca fuori, sia essa utile o più astratta. Suppongo che rifletta anche il mio approccio decostruttivista, in cui prendo elementi molto diversi, li scompongo e li ricompongo in qualcos’altro. Quando il risultato sorprende anche me, a quel punto so di aver fatto centro. È il modo in cui vorrei descrivere il mondo che ci circonda. Pensieri, filosofie e idee si manifestano in una combinazione di elementi grezzi, messi insieme per creare forme e funzioni differenti, in una varietà di modi diversi. Così tutti possono avere accesso a nuove idee, e formarsi delle opinioni su di esse. Questo è il progresso.
Hai recentemente lanciato la tua collezione di gioielli. Puoi dirci qualcosa di più sull’idea di fondo che l’ha ispirata.
Sì, la Unity Collection, progettata in collaborazione con Kenneth Ize, mira a spingere Nita (il marchio di gioielli e home design che porta il mio nome) oltre il suo uso fondamentale di forme architettoniche primarie, in rappresentazioni vibranti della razza umana che sovvertono le classificazioni – in particolare di genere e cultura – celebrando apertamente l’individualità e la comunità. Nello specifico, 12 diverse rappresentazioni glorificano il potere organico della diversità. I volti in vetro che ancorano la linea sono audacemente distinti, e al contempo la collezione stessa onora gli stili unici dei suoi due designer: Ize e il fondatore di Nita, Nicoló Taliani. Sebbene questi stili siano uniti all’interno della collezione, ognuno conserva il proprio DNA creativo, sottolineando l’ideale dell’unità, in modo da celebrare le nostre differenze, anziché annullarle. La Unity Collection è una partenza estetica per Nita, la sua filosofia artistica si allinea direttamente con i lavori precedenti dello studio. La collezione offusca intrinsecamente i confini disciplinari, combinando design industriale e di moda, così come le belle arti e le arti applicate. I suoi disegni prendono ispirazione dai dipinti ma sono realizzati in vetro, e l’essenza di questo materiale è intrinsecamente singolare: non esistono due prodotti in vetro uguali, proprio come non esistono due persone uguali.
Ma soprattutto, il miglior posto dove prendere un drink a Milano?
Il posto migliore per prendere un drink deve essere il . Una volta ci sono andato un giovedì pomeriggio per un aperitivo, e ne sono uscito un po’ più malconcio il lunedì mattina. Non so se sia il caso di consigliare un’esperienza del genere. Forse basta solo prendere qualche drink, e poi andare a casa.
Skateare a Milano
By Joy Awosika
@joyawosikaCrediti foto: @on_the_dole_joel
Ciao a tutti, mi chiamo Humanjoy, ma mi presento sempre come Joy e sono di origine nigeriana. Ad ogni modo, sono nato e cresciuto a Milano e sono uno skater. Ho iniziato a skatare il giorno del mio compleanno dopo aver chiesto uno skateboard come regalo. Non so per quale motivo, ma da allora non ho mai smesso di sperare che lo skateboard diventasse la mia professione!
Sei uno skater appassionato. Cosa ne pensi della scena milanese per quanto riguarda il mondo dello skate?
La scena skate a Milano è strana, secondo me deve ancora prendere forma. In effetti è ancora troppo presto per parlarne, perché è in continuo mutamento, e i brand vanno e vengono. Anche se non sono i marchi a determinare la scena, hanno comunque la loro importanza. Oggi ci sono molte meno persone che fanno skateboard rispetto a quando ho iniziato io. Da un certo punto di vista la scena si sta sviluppando, perché è possibile vedere la città di Milano in molti più video di skateboard, e ci sono alcuni marchi e negozi che supportano gli skater. D’altra parte, dato che c’è meno gente ci sono anche meno gruppi, e forse, se le sessioni venissero frequentate da un maggior numero di persone, ci divertiremmo anche di più.
Quali sono le 3 canzoni che preferisci quando fai skate?
It’s Ok (One Blood) – The Game
Faneto – Chief Keef
CT Experience – DJ Crazy Toones
Come percepisci la cultura giovanile a Milano? Come si differenzia da altre metropoli come Londra o Parigi?
Penso che i giovani di tutta Europa siano già concentrati e motivati nel promuovere il loro senso artistico e le loro culture. In Italia stanno arrivando nuovi elementi culturali e nuove modalità espressive. Personalmente ho amici che stanno portando avanti progetti innovativi e artistici per l’attuale generazione.
Cosa o chi pensi che rappresenti Milano?
Credo che Milano sia rappresentata dai giovani perché, secondo me, siamo quelli che riempiono la città di opere d’arte, entusiasmo e culture diverse. Milano è in continua crescita ed evoluzione, proprio come i giovani e i giovani rappresentano il futuro.
Se potessi cambiare una cosa di Milano, che cosa cambieresti?
Secondo me, la città di Milano è perfetta così com’è. Cambierei la mentalità della gente, perché dovrebbe accettare l’idea che fare skate è una cultura: io non vado in skate per rovinare la città ma perché mi diverte, e non c’è niente di male in questo. In generale, a Milano manca la cultura dello skate, ma con il passare del tempo questo sport sta acquistando la sua visibilità, e anche un paio di spot in più non guasterebbero (ride). Milano è una città in continua evoluzione, quindi gli spot vanno e vengono!
Quali sono i posti di Milano che preferisci frequentare, o da cui trai ispirazione? Cosa ti piace di questi luoghi?
Il mio posto preferito per fare skate è una piazza situata nel quartiere Gratosoglio, dove ho iniziato ad andarci per la prima volta. Con i miei amici, invece, esco spesso nella zona centrale di Milano e verso i Navigli, dove ci sono locali e situazioni che offrono la possibilità di organizzare delle serate con rapper e artisti di ogni genere. Anche se in realtà vado in skate per tutta Milano, sono sempre in giro!
L'evoluzione di Milano
@sprintmilanoMi sono trasferita a Milano da un piccolo paese in una valle piemontese dopo anni di intensa attività nella scena hip-hop, dipingendo treni di notte assieme al mio co-writer Blef sotto il nome di ‘Duo Dinamico’. Nel 2013, con Sara Serighelli (fondatrice di O’association), ho inaugurato la prima edizione di SPRINT – fiera no profit di editori indipendenti e libri d’artista, che unisce il nostro interesse per l’editoria. Dal 2018 SPRINT collabora con Spazio Maiocchi. Per quanto riguarda il presente, oltre alla fiera editoriale in corso, mi sto concentrando principalmente sulla mia pratica artistica e di ricerca, nella speranza di tornare presto a ballare nei club!
Il panorama culturale di Milano è cambiato molto in questi anni, e tu li hai vissuti. Quali sono stati i cambiamenti più drastici che hai vissuto, positivi e negativi?
Sicuramente posso dire che in questi anni la città di Milano è cambiata molto. Un punto di svolta positivo, per me, è stato rappresentato dall’entrare in contatto con persone di una generazione più giovane della mia: ho scoperto che hanno un approccio più morbido verso il sistema culturale e il suo capitalismo accelerato, con un atteggiamento mentale orientato al dialogo verso le questioni della vita reale, questioni che un tempo erano spesso considerate tabù sia dai miei coetanei che dallo stesso sistema artistico. Questo atteggiamento diffuso, e sempre più consapevole, ha portato recentemente alla costituzione di Art Workers Italy, la prima associazione per la tutela dei diritti dei lavoratori dell’arte visiva e contemporanea. D’altra parte, negli ultimi tempi la città di Milano ha visto anche alcuni cambiamenti in negativo. Penso alla “campagna YES Milano” e alle sue dinamiche, che sono andate via via peggiorando, riducendo l’offerta culturale a “settimane” tematiche – spesso sovrapposte, con un catalogo bulimico di varie possibilità, sparse sul territorio e condensate in una rapida e caotica proposta, regolata dalla casualità.
Per Sprint lavori molto con autori internazionali. Come percepiscono Milano e il suo scenario culturale?
Credo che per loro sia una vera scoperta. È come se questo territorio fosse finalmente diventato reale e non solo un punto sperduto sulla cartina geografica. Anche se i giorni della SPRINT Art Book Fair sono frenetici, hanno comunque l’opportunità di respirare l’atmosfera affascinante della città, e in particolare del quartiere di Porta Venezia, dove si trova la fiera. Durante l’evento riescono ad avere uno scambio diretto con la gente del posto, e a volte questa opportunità crea dei legami che durano nel tempo.
Con il collettivo TOMBOYSDON’TCRY sei attiva nello spazio relativo alle minoranze di genere. Cosa ne pensi della scena LGBT di Milano? Le persone dispongono di sufficienti opportunità per esprimersi liberamente?
A livello istituzionale, Milano, come l’Italia, non mostra segni di vera integrazione verso la comunità arcobaleno, che deve ritagliarsi il proprio spazio sociale, professionale ed emotivo, mentre viene sfruttata come target economico o per la sua immagine, senza essere compresa nelle sue reali necessità. Si va dai diritti legali alla mancanza di equità e intersezionalità , a prospettive più ampie, legate al lavoro, alla migrazione, alle dinamiche di cittadinanza [vedi lo Jus soli], e in generale alla tutela dei più vulnerabili, una categoria nell’ambito della quale, prima o poi, rientriamo tutti. In pratica, la vera differenza che c’è a Milano la fanno le persone che si trasferiscono in questa città alla ricerca di un analogo risultato di indipendenza e accoglienza, in contrasto con la mentalità provinciale del territorio da cui molta gente proviene. Ci sono alcuni posti che possono aiutarti a star bene: penso al bar per lesbiche o un’anteprima alla libreria queer . Una città più grande esprime ovviamente una maggiore apertura mentale, e a volte fa la differenza, ma è anche importante ricordare che tale apertura rappresenta solo una piccola porzione di una realtà molto più ampia e complessa…
Sei stata coinvolta nel panorama culturale fin da giovanissima. Hai dovuto superare molti traguardi per coltivare la tua passione? Quali consigli puoi dare ad altri giovani creativi?
A dire il vero, nella mia vita spesso le cose sono accadute per caso. Ti consiglio di essere molto onesto con te stesso per quanto riguarda i tuoi punti di forza e le tue debolezze personali. Per non lasciare che i fallimenti ti facciano venir voglia di arrenderti, perché spesso è davvero una questione di fortuna: sii tenace e corri dei rischi, perché solo così raggiungerai ciò che desideri.
Poi credo davvero che una bella risata ci salverà tutti!
Ripartire
By 2050+
@2050.plus2050+ è un’agenzia interdisciplinare che lavora su design, tecnologia, ambiente e politica. Website: https://www.2050.plus/
Come potrà cambiare l’urbanistica di Milano nei prossimi vent’anni?
Partendo da una definizione allargata, più ricca e sfumata della città e dei suoi abitanti. La maggior parte degli investimenti pubblici segue ancora la logica obsoleta della “città centrica”, che presuppone un chiaro rapporto gerarchico tra centro e periferia. La nostra condizione punta però verso il concetto di “città-arcipelago”: una rete complessa in cui si incontrano (e talvolta si scontrano) diverse visioni della società, dell’ecologia e del significato di cittadinanza. Milano è il risultato instabile e mutevole di questa continua mediazione e negoziazione tra interessi contrastanti. L’urbanistica di domani deve tenere conto di questo cambio di paradigma, e reagire di conseguenza.
In concreto, questo nuovo atteggiamento va applicato al modo in cui concepiamo il movimento (è necessario puntare sul progressivo abbandono dei combustibili fossili, in virtù di sistemi di trasporto che utilizzano energie rinnovabili), e il rapporto tra lo spazio urbano e quello “naturale” (sono necessari sistemi di interconnessione tra le aree verdi della città, per la maggior parte scollegate, e prive di varchi facilmente accessibili).
Quali sono i principali problemi della Milano di oggi, e quali soluzioni è possibile immaginare?
Milano è un’area caratterizzata da attriti: dalle pressioni gentrificanti sempre più violente, all’inquinamento, alle politiche miopi che affrontano la presenza dei migranti in città, solo per citarne alcuni.
Uno dei difetti emersi di recente, soprattutto durante il lockdown, è la graduale perdita di opportunità per relazionarsi con l’imprevisto, l’ignoto. Da qualche mese a questa parte, ci sono meno possibilità e meno spazio per l’improvvisazione e gli incontri casuali. Le nostre interazioni si sono cristallizzate nel periodo pre-pandemia, senza espandersi. Se il “distanziamento sociale” sembra inevitabile per la nostra condizione post-pandemica, restano cruciali gli spazi sicuri che consentano il “riavvicinamento sociale”. Milano ha bisogno di più spazi “non codificati”, in cui gli individui possano interagire in modo spontaneo, senza aderire ai requisiti di un copione già scritto.
Nonostante ciò, l’esperienza del lockdown ci ha impartito una lezione importante. Quando siamo stati costretti nei perimetri delle nostre case, le funzioni dell’ambiente domestico si sono amplificate: da territorio personale, prerogativa della sfera intima… a spazio totalizzante, capace di reinventarsi per ospitare lavoro, studio, evasione, sport. La stessa versatilità dello spazio domestico che abbiamo sperimentato durante il lockdown potrebbe ispirare la proliferazione di luoghi “non codificati” all’interno dello spazio urbano: tetti, corridoi, giardini condivisi…
Milano dovrebbe ripartire?
Nell’ambito del contesto milanese, “ricominciare” significa non solo rimarginare la ferita aperta dal lockdown; ma anche sfruttare questo momento di introspezione forzata per scardinare certe dinamiche consolidate, gettando il cuore oltre l’ostacolo. La nostra ricerca su Milano ci ha portato a scoprire che il cuore pulsante della città post-pandemica non è un singolo luogo circoscritto, ma una cartografia complessa e in continuo mutamento, fatta di spazi liminali definiti dagli individui che li popolano. Comunità fluide di fattorini, arbonauti , ballerini di strada, persone che non si riconoscono nei rigidi confini di una disciplina, ma che traggono ispirazione dagli spazi interstiziali e dalla contaminazione tra le varie pratiche. Queste attrici e attori sono gli interlocutori da cui Milano deve ripartire.
Nel mondo esistono degli esempi virtuosi di gestione e pianificazione della città a cui Milano dovrebbe ispirarsi?
In un articolo pubblicato quasi un anno fa, Paul B. Preciado parla del clamoroso fallimento che tutte le grandi realtà urbane – Parigi, Londra, New York, e ovviamente Milano – hanno vissuto durante la pandemia. “Torna, torna presto dalle vacanze a meno di cento chilometri da casa, corri al tuo posto con la mascherina appesa al polso, come un braccialetto che disperde il virus. Ti sarebbe piaciuto andare in un’isola deserta in mezzo al mare, molto lontano, in un luogo dove non si vedono né Lampedusa né Calais. Invece, sei stato costretto a restare in Normandia. E ora la Normandia sembra più lontana che mai da Parigi. Torna nelle tue città, con il loro l’inquinamento e il loro rumore, prima che i tuoi polmoni e le tue orecchie si abituino alla sinfonia della campagna. Ritorna nei labirinti della metropolitana. Ricomincia da capo, e fai degli incontri interminabili. (…)” (Libération, 21.09.20)
Ispirati dalle parole di Preciado, e in contrasto con la tendenza dominante, non rivolgiamo la nostra attenzione alle grandi città straniere in tutto il mondo, ma piuttosto a una realtà più piccola, relativamente vicina a noi: Palermo. La città di Palermo presenta un tessuto urbano complesso e articolato, verso il quale convergono una serie di forze contraddittorie: dall’impatto simultaneo del turismo internazionale di massa, e dei flussi migratori, ai traffici illeciti, all’impasse economica che ha sempre caratterizzato il sud d’Italia.
Nel 2018, quando Palermo ha ospitato la mostra Manifesta 12 , la città ha dimostrato di essere in grado di ospitare un evento artistico di fama internazionale, senza tralasciare la sua identità. La natura poliedrica di Palermo ha saputo convivere con il programma del Teatro Garibaldi e del Botanical Garden (centro focale di Manifesta 12), con le realtà locali di Ballarò e Vucciria. L’iniziativa artistica si è svolta senza escludere da questa discussione corale zone periferiche come il quartiere ZEN 2, e la località marinara Acqua dei Corsari.
Shoutout ai Dipset
By Juan Pozo
@juanter.s.thompsonSono un americano che vive e lavora a Milano. Mi sono trasferito qui dopo aver vissuto a New York City per 12 anni. Direi che le mie passioni sono il design e l’arte in generale, ma soprattutto le sneakers. Al momento sono un designer di calzature da uomo e lavoro per Prada Linea Rossa.
Come è nata la tua passione per le sneakers?
È difficile individuare una ragione precisa, ma in generale penso che mio padre avesse dei gusti decenti quando faceva acquisti per me da bambino; ho delle belle foto di me con le Reebok Pump e le Nike Flight 89. I primi ricordi riguardo al mio interesse per il design, credo che provengano dal gioco del calcio e dall’ossessione per l’originale Nike R9 argento/blu di Ronaldo. Ricordo anche di avere le Air Max Plus III originali in nero e rosso, e le guardavo facendo attenzione a tutti i dettagli, e ai piccoli frammenti di materiale riflettente. Poi c’è l’hip hop, e i viaggi che facevo d’estate nella zona di New York/New Jersey. Qui ho comprato le mie prime Air Force 1 total white, che non riuscivo mai a trovare dove sono cresciuto, nel bel mezzo della Florida.
Attualmente stai progettando sneakers per un marchio di lusso. In che modo pensi che la percezione delle sneakers differisca tra il collezionista appassionato e il consumatore di lusso tradizionale?
La maggior parte dei consumatori di lusso sono materialisti benestanti, a cui piace sentirsi a proprio agio con sé stessi comprando prodotti di merda. Il resto è composto di gente che ha buon gusto, e che può anche apprezzare un design all’avanguardia. Per me, un collezionista di sneakers è un ragazzo capace di sfoggiare qualsiasi capo, di qualsiasi brand, ed è interessato solo alle sensazioni che gli trasmettono determinati prodotti, a prescindere dalla moda, Instagram, ecc.
Da dove trai ispirazione quando elabori le tue idee?
Forme. Quando disegno, cerco qualcosa che in qualche modo mi colpisca. È aggressivo? Ha un aspetto elegante o veloce? Per me è come guardare le auto, alcune hanno una bella impostazione aggressiva, e altre sembrano invece goffe e lente. Quelle che mi colpiscono mi fanno assumere la stessa espressione involontaria del viso di Jay-Z quando sente un ritmo che spacca.
In che modo la scena delle sneakers a Milano differisce da quella negli Stati Uniti?
Gli Stati Uniti hanno una maggiore accessibilità, per l’ampia gamma di posti diversi dove puoi trovare le cose; e specialmente a New York, dove le sneakers hanno semplicemente fatto parte della cultura locale sin dai tempi di Run DMC, o anche prima. È hip hop. Milano ha una scena fiorente; ci sono alcuni negozi davvero fantastici dove puoi trovare alcune chicche. Non sono qui da abbastanza tempo per esprimermi sull’argomento con maggior cognizione di causa, ma so che in questa città ci sono molte persone altrettanto appassionate, che avrebbero da dire molto più di me.
Qual è, in assoluto, il tuo modello di sneaker preferito, e perché?
Le Nike Air Force One, prima che iniziassero a realizzarle in cartone. Un saluto ai Dipset.