Sneakers - Marzo 8, 2022

Air Max 1: Sette Cose Che Non Sai

Le Air Max 1 non hanno bisogno di presentazioni, ma ecco sette cose che potresti non sapere sull’iconico modello creato da Tinker Hatfield.

Le Air Max 1 non hanno bisogno di presentazioni, ma ecco sette cose che potresti non sapere sull’iconico modello creato da Tinker Hatfield.

1. Nike già prima del 1987 aveva provato a dare vita alla prima Air Max

Premessa, non stiamo parlando delle Air Max Zero. Nel 1978, Nike diede vita alle Air Tailwind, le prime scarpe della storia ad essere dotate della tecnologia Air ideata da Franklin Rudy nell’intersuola. Fin da subito però le idee del dipartimento di design e sviluppo tecnologico del brand di Beaverton erano chiare: far vedere agli atleti la tecnologia sulla quale correvano. Nel 1980, infatti, creando una sorta di ibrido con la tomaia delle Nike Mariah (utilizzate in pista da Alberto Salazar) e con una suola visibile completamente composta da poliuretano, provarono a creare la prima Air Max. Naturalmente l’esperimento fallì per via della fragilità della suola. L’idea poi fu ereditata da Tinker Hatfield che la portò in vita.

Franklin Rudy e la tecnologia Air

2. Il primo prototipo si chiamava Air Max 1 “Big Bubble”

Quasi tutti riconoscono il 1987 come l’anno 0 delle Air Max 1, ma forse non tutti sanno dell’esistenza di un primo sample datato 1986. Nel 1981 Nike assunse il giovane Tinker Hatfield come architetto per progettare alcuni edifici del campus dell’Oregon. Il passo da architetto a designer di scarpe da running fu davvero breve. Così nel 1985 Tinker si mise a progettare quella che sarebbe passata alla storia come la prima scarpa ad essere dotata di un’unità Air visibile. Il progetto fu guidato da Mark Parker, che all’epoca era il Footwear Developer di Nike. Dopo alcuni esperimenti “fallimentari”, nel 1986 ci si avvicinò finalmente al risultato finale. Fra i tanti sample prodotti, infatti, vi era la Air Max 1 “Big Bubble”, denominata così per via della sua enorme bolla d’aria presente nell’intersuola.

Se da una parte però l’enorme bolla risultava veramente affascinante a livello estetico, dall’altra l’unità Air purtroppo non reggeva a causa della mancanza di solidità. Nike, infatti, all’epoca non disponeva ancora di suole in EVA, quindi era costretta a costruirle in diverse parti per poi assemblarle in un secondo momento. Per risolvere questo problema il team di designer Nike fu costretto a ridimensionare la bolla e a produrre la suola in un unico pezzo. Così, nel 1987, dopo aver trovato il giusto compromesso fra le grandezze della midsole e dell’unità Air, le Air Max 1 così come le conosciamo oggi fecero ufficialmente il loro debutto. Ah dimenticavamo, tutte le campagne di marketing del 1987, sia video che cartacee, mostravano le Air Max 1 “Big Bubble” e non il modello OG poi commercializzato.

3. Il primo spot pubblicitario sulle Air Max 1 andò in onda durante la pausa pubblicitaria de “I Robinson”

Il primo spot che presentava ufficialmente al mondo intero le Air Max 1 andò in onda alle 20:10 di martedì 26 marzo 1987, durante una delle pause pubblicitarie de “I Robinson”. Naturalmente non si trattava di una scelta casuale: “I Robinson” all’epoca erano il programma più televisivo seguito d’America (lo è stato dal 1985 al 1989) e veniva seguito da un pubblico che ricopriva tutte le fasce d’età.  Il successo fu immediato. Solo nel primo anno Nike aveva già venduto oltre un milione di Air Max 1. Lo stesso Phil Knight, anni dopo, affermò di quanto fosse stato importante e d’impatto la musica scelta per il lancio ufficiale. 

4. Per il lancio ufficiale Nike acquisì i diritti di “Revolution” dei Beatles

Pronte le Air Max 1, serviva qualcosa di grande per poterle lanciare sul mercato nel migliore dei modi. Tralasciando tutte le pubblicità del 1987 già note, l’idea più grande di Nike era quella di dare vita a una pubblicità, con la partecipazione di alcuni tra gli atleti più iconici del momento, tra cui Michael Jordan, Joan Benoit e McEnroe.. La musica avrebbe dovuto giocare un ruolo fondamentale.

La scelta ricadde su “Revolution” dei Beatles. Vi era però un piccolo problema: i Beatles, infatti, non possedevano i diritti di pubblicazione della canzone, in quanto li avevano venduti ad un’altra azienda.. Dopo vari tentativi falliti, il brand di Beaverton riuscì nell’impresa di incontrare le richieste dell’agenzia Wieden+Kennedy, Capitol, Emi e il manager di Yoko Ono (moglie del compianto John Lennon). Da questo incontro Nike ne uscì con i diritti della canzone “Revolution” dei Beatles. Qui potete trovare la pubblicità costata a Nike quasi 7 milioni di dollari.

5. Nessuno inizialmente credeva nella riuscita e nel successo delle Air Max 1

Essendo passati ormai trentacinque anni, noi la storia la conosciamo, ma inizialmente all’interno di Nike nessuno credeva nella riuscita del nuovo modello. Lo stesso Tinker Hatfield ammise più volte di aver trovato attaccati alla porta del suo ufficio alcuni bigliettini che lo scoraggiavano sul proseguimento del lavoro. Probabilmente se non fosse stato per la determinazione del designer e del suo team, oggi non staremmo più parlando di Nike. 

6. La prima collaborazione arrivò dopo 15 anni

Nike Air Max 1 Atmos Safari (2002)

Nike Air Max 1 Atmos Safari (2002)

Negli anni successivi al lancio del 1987, le Air Max 1 vennero prodotte in moltissime altre colorazioni, alcune delle quali, ancora oggi, sono un vero e proprio oggetto di desiderio da parte dei collezionisti. Per vedere la prima collaborazione, invece, bisognerà aspettare il 2002, quando atmos rilasciò le Air Max 1 “Safari”. Le scarpe rendevano omaggio alle Air Safari, scarpe iconiche disegnate nel 1987 dallo stesso Tinker Hatfield, e presentavano alcune novità dal punto di vista estetico come i colori, il toebox in twill, i dettagli in pelle e suede, ma soprattutto il ritorno del famigerato mini swoosh dopo la versione “OG mesh” del 1999.

7. La storia delle Air Max 1 “Albert Heijn”

Nel 2005 Nike commissionò all’artista olandese Piet Parra due diverse sneakers che dovevano celebrare la città di Amsterdam. Le prime furono le Air Max 1 “Amsterdam”, che ormai conosciamo molto bene. Le seconde, invece, avrebbero dovuto omaggiare la famosa catena di supermercati olandesi “Albert Heijn”. Usiamo il condizionale perché le scarpe non furono mai rilasciate al pubblico. Poco tempo prima del lancio, infatti, il supermercato cambiò il design e il colore dei sacchetti e Nike ordinò così la cancellazione del drop.Tutte le paia vennero distrutte, eccetto le 24 che furono date ai Friends&Family di Parra. Questa è la motivazione principale per la quale il  prezzo delle Air Max 1 “Albert Heijn” è così alto.