Da quando Franklin Rudy propose a Phil Knight la sua idea rivoluzionaria di posizionare nell’intersuola delle scarpe da running alcune sacche di uretano con dell’aria pressurizzata all’interno, sono passati ben quarantasei anni. Nessuno si sarebbe potuto immaginare che in quel momento esatto si stava iniziando a scrivere la storia. La tecnologia Air per Nike è stata fondamentale sotto qualsiasi punto di vista, ma fin da subito nell’aria aleggiava un’idea di rivoluzione, come se quello che era appena successo non fosse ancora abbastanza. L’idea era chiara: le persone dovevano essere in grado di vedere con i propri occhi la tecnologia sulla quale correvano. L’aria doveva essere visibile.
Già durante i primi anni ’80, il team di designer Nike fece alcuni esperimenti che diedero vita alla Air Mariah, un sample caratterizzato dalla tomaia della classica Mariah, con l’aggiunta di una suola completamente visibile in poliuretano. Purtroppo la suola era troppo fragile e rendeva la Air Mariah una scarpa assolutamente non indossabile. La fine dei problemi si iniziò ad intravedere con l’arrivo di Tinker Hatfield, un giovane architetto proveniente dall’Oregon assunto da Nike per la progettazione di alcuni uffici. Era il 1985 quando Tinker si mise al lavoro per progettare la prima Air Max, una scarpa sulla quale inizialmente non ci avrebbe scommesso nessuno. Forse nemmeno Tinker stesso. Da lì a poco, i sogni di Nike sarebbero diventati realtà. Nel 1987, dopo anni di studi, ricerca, successi e fallimenti, Nike presentò al mondo intero le prime scarpe ad essere dotate della tecnologia Air visibile nell’intersuola: le Air Max 1.
Lasciandosi alle spalle le Air Max 1, Nike e Tinker Hatfield continuarono a lavorare duro sulla linea Air Max e negli anni successivi crearono altri celebri modelli come le Air Max Light (1989) e le Air Max 90, entrambe caratterizzate dall’utilizzo di un’unità air a doppia densità. In questi anni, i designer Nike riuscirono anche a perfezionare la tecnica di formatura per soffiaggio e ciò consentì la creazione di modelli con un’unità air espansa come le Air Max BW e le Air 180. Soffermandosi proprio su quest’ultimo modello, le 180 furono le prime ad avere un’unità Air a centottanta gradi grazie all’utilizzo di un pezzo di battistrada trasparente.
Il 1993 vide l’ascesa delle Air Max 93, modello caratterizzato da una tomaia in mesh con sovrapposizioni in pelle sintetica e che era contraddistinto da un’unità Air visibile anche nel tallone, la stessa che venne usata anche l’anno dopo per le Air Max 94. Nel 1994 però, le vere protagoniste furono la Air Max 2 ’94, le prime ad essere dotate di due bolle con una diversa pressione. Il grande passo in avanti si fece nel 1995, quando dalla splendida mente di Sergio Lozano nacquero le Air Max 95, scarpe che prendono ispirazione dall’anatomia del corpo umano, nonché una delle prime silhouette ad avere l’unità Air anche nell’avampiede.
Sempre nello stesso anno, Nike rilasciò anche un altro modello, le Racer Max, che però non ebbero lo stesso successo delle Air Max 95. Senza nulla togliere alle Air Max 96, lo step successivo si raggiunse nel 1997, quando Tresser e Nike presentarono le Air Max 97, scarpa che ebbe un successo spaventoso soprattutto in Italia. Le Air Max 97 erano infatti dotate di una bolla che connetteva direttamente il tallone all’avampiede e che sostituiva quasi completamente la schiuma utilizzata normalmente nella suola. La stessa unità air della 97 venne poi utilizzata successivamente per modelli come le Air Max 98 finché, nel 1999, il brand americano non introdusse il Tuned Air, tecnologia nata dalla combinazione di unità Max Air ed elementi meccanici che guidavano il piede durante l’impatto. Ne sono un esempio l’Air Max Plus e Air Tuned Max.
Pian piano la bolla d’aria diventava sempre più grande e visibile, e la vecchia mescola utilizzata solitamente per l’intersuola era ormai diventata sinonimo di vecchio e già visto. Per questo motivo, nel 2006, Nike decise di realizzare le Air Max 360, la prima scarpe ad avere una air sole visibile a trecentosessanta gradi. Purtroppo, per via della gabbia che racchiudeva l’unità air, le 360 risultarono pesanti e molto fragili. Per ottenere il successo desiderato si dovette aspettare le Air Max 2009 e successivamente le Air Max 2015. Il sogno di una vita divenne realtà nel 2017 quando, dopo quasi trentotto anni dalla prima scarpa con la suola air, Nike rilasciò le Air Vapormax. Ci sono voluti oltre sette anni per progettare questo capolavoro a livello tecnologico, ma l’attesa è stata ripagata abbondantemente.
Le Vapormax furono infatti le prime scarpe ad avere un’unità Air senza nessun elemento strutturale aggiuntivo, mettendo così il piede a contatto direttamente con la bolla. Tralasciando le Air Max 270, considerate da molti un vero flop, l’ultimo capolavoro della tecnologia Air furono le Air Max 720, le prime Air Max ad essere nate esclusivamente per la categoria lifestyle. Questo modello, oltre ad essere costruito interamente da materiali riciclati, possiede l’unità Air più grande, alta ed elastica di sempre. Forse le ultime Air Max che, a oggi, potremmo dire che verranno ricordate nel tempo. Negli ultimi anni Nike continua a presentare Air Max nuove, ognuna delle quali presenta sempre novità sotto qualsiasi aspetto. Se da una parte però l’innovazione tecnologia è un bene, dall’altra i continui design futuristici a passo col tempo non riscuotono grande successo.
Una cosa è certa, anche se le ultime Air Max dovessero finire nel dimenticatoio, con quello che sono stati in grado di costruire icone come le Air Max 1, le Air Max 95, le Air Max 90 e moltissimi altri modelli leggendari anni 90, continueremo a parlare ancora di questa linea per moltissimi anni. Ne siamo sicuri!