Leggendo il nostro ultimo report sui brand e gli articoli del momento, l’avvento della pandemia ha portato a numeri di vendite impressionanti, soprattutto per le collaborazioni tra brand e artisti. Ad esempio, le collaborazioni tra Travis Scott x McDonald’s e Juice WRLD x Vlone sono state tra le più vendute di tutto il 2020 su StockX. I due casi in questione confermano la potenza del fashion quando si parla di senso di appartenenza e legame con un mondo preciso. Lo stesso Vlone si è confermato come uno dei brand simbolo del legame tra moda e cultura (musicale): Pop Smoke, NBA Youngboy, The Weeknd, NAV e Asap Rocky sono solo alcuni dei protagonisti più gettonati del brand americano. Sulla stessa onda abbiamo Heron Preston per l’uscita di Tha Carter V di Lil Wayne, diventando il simbolo di un disco tanto atteso e pieno di difficoltà.
Analizzando il mondo della moda negli ultimi anni non si può prescindere dal collegarlo a vari ambiti pop, musica e arte su tutto. Di conseguenza, l’intersezione sempre più forte tra questi contesti, sta portando alla creazione di community che si riflettono nei valori dei diversi brand. Il merchandising, elemento simbolo di chiunque produca contenuti (musicisti, influencers, magazine), gioca un ruolo fondamentale nell’elevare un semplice “souvenir”, o ricordo di un momento specifico, a valore culturale personale.
Una Storia Lunga 50 Anni
La produzione del merchandising ha visto la luce quando la Walt Disney Company ne ha capito le potenzialità. Durante gli anni ’30, una vasta gamma di prodotti Disney apparve nei mercati di tutto il mondo, dal sapone al gelato ai braccialetti di diamanti Cartier. Altro merchandising di successo fu quello basato sullo status di celebrità delle star di Hollywood, per esempio, i prodotti con immagini di Marilyn Monroe e James Dean, o su temi generici di film o studios. Infatti, molte delle major offrono tour degli studi cinematografici, completi di negozi di souvenir ben forniti che offrono una vasta gamma di prodotti con i loro familiari loghi aziendali.
Il concetto espresso è rimasto intatto nel 2021, anzi, si è rafforzato in maniera esponenziale. Essere simili ai propri beniamini nell’abbigliamento e nella personalità è sempre stato un mantra per i fan. Questa smania di somiglianza risale agli anni ‘50 e ‘60, quando non era il rap a dominare le classifiche mondiali. Come scrivono Amber Easby ed Henry Oliver in The Art of Band T-Shirt, “Mentre Elvis, i Beatles e i Monkees partecipavano al primo merch musicale, la t-shirt era uno dei tanti prodotti in vendita a loro nome […] Insieme alle parrucche e agli spazzolini di Ringo le t-shirt erano considerate alta moda.”
L’imprenditore Bill Graham ebbe l’idea di disegnare t-shirt appositamente per essere comprate agli eventi musicali, fondando la Winterland Productions e diventando uno dei pionieri fondamentali per la diffusione del merchandising nel mondo.
La golden age del rap, tra il 1980 e la fine del 1990, raccontata nel libro “Rap Tees: A collection of hip-hop t-shirts 1980-1999” è quella che più ha dato forma al merch del genere. Le t-shirt, oltre a certificare l’adesione ad una comunità specifica, permettevano di vestirsi come le star. E questo senso di urgenza dei fan venne percepito anche dalle stesse etichette discografiche, come Def Jam, Roc-A-Fella e Big Tyme Records, che misero in vendita le proprie giacche varsity e altri articoli promozionali.
Il ventennio in questione, non solo fu fondamentale per lo sviluppo musicale del rap, ma anche per stabilire la propria identità estetica in modo unico. Cey Adams fu, probabilmente, la figura più importante nel costruire l’estetica di alcuni dei rapper più famosi del mondo, cioè Beastie Boys, Jay-Z, DMX, RUN-DMC e LL Cool J.
Il Ruolo del Merch Oggi
Il processo di sviluppo del merchandising era volto all’ “usa e getta”, semplicemente per marcare l’appartenenza ad una comunità specifica. Il concetto fashion del merch era qualcosa di inimmaginabile 20/30 anni fa, dato che la moda era vista come una élite per pochi. Indossare il merch del proprio artista preferito non era una tendenza, come oggi, ma la testimonianza per aver vissuto un periodo storico da conservare nella memoria.
Se oggi possiamo anche partecipare a concerti virtuali (Travis Scott in Fortnite) senza muoverci da casa e acquistare con un click l’oggettistica legata all’evento, prima ci si doveva recare fisicamente nel luogo prestabilito. Il merch acquistato di persona rappresentava la personalità dei vari fan, emotivamente legati a quel momento, e permetteva di dimostrare la loro affiliazione ad una community.
Il biennio 2016-2018 può essere identificato come il vero punto di svolta nel mercato streetwear, portando anche il filone del merchandising ad essere sempre più desiderato. Non serviva necessariamente sapere chi fosse il soggetto stampato sulla maglia o da quale evento provenisse. La tendenza guardava solo all’aspetto fashion di questi pezzi e tutti potevano affacciarsi ad una comunità anche senza conoscerla da vicino. Chiunque poteva sentirsi coinvolto solo indossando una semplice t-shirt. I prezzi popolari hanno reso il mercato del merch una nicchia sempre più ricercata. Per celebrare il lancio dei vari merch, inoltre, sono sempre più presenti i pop-up store temporanei che creano un senso di urgenza. Prodotti limitati per brevi periodi.
Sempre nel 2016, Jerry Lorenzo creò la collezione per il Purpose Tour di Justin Bieber, dando vita ad un nuovo inizio per il mercato del merchandising. Non solo poteva essere acquistato ad ogni tappa del tour, ma anche in come H&M e Barneys’. Lo stesso Lorenzo definì il progetto come “un matrimonio tra Kurt Cobain e Allen Iverson”. Non è strano, trovare ragazzi con indosso questi capi anche a distanza di anni. Ciò riassume l’essenza del valore intrinseco del merchandising: capi che possano durare nel tempo e tenere vivo il ricordo di un momento memorabile.
Un altro esempio eclatante fu il lancio della collezione, ideata da Virgil Abloh, per l’uscita di “The Life Of Pablo” di Kanye West. L’evento in questione fu epocale: vennero aperti sei pop-up store in giro per il mondo (New York, Los Angeles, Londra, Città del Capo, Miami e Chicago) con file incredibili e sold-out in pochi minuti. Ogni store presentava capi con i nomi della città stampati per personalizzare ogni luogo in modo unico. La domanda sorge spontanea: perché tutti impazziscono per comprare ed indossare il merch di un artista?
Se il merch era, un tempo, il mezzo che eliminava le distanze fisiche tra l’artista e il proprio pubblico, in tempi di pandemia è diventato il mezzo fondamentale per sostenere le relazioni sociali. Non sono stati pochi i locali sparsi in giro per il mondo (Fanellis Cafè, Top Cuvée, St John, Cornerstone, Merch4Relief) che hanno creato delle collezioni d’abbigliamento per sostenersi economicamente e tenere sempre vicini i propri clienti.
I casi appena citati racchiudono l’essenza nel possedere il merchandising: senso di comunità. Il localismo e il legame con la propria terra è diventato un concetto sempre più ricercato nei guardaroba di tutto il mondo. Ad esempio, a New York, si sono mobilitati in tanti per sostenere i locali dei propri quartieri durante la pandemia. Se prima indossare una maglietta con il richiamo alla città di NY era tendenza, oggi assume un significato sociale di spessore per sostenere economicamente gli imprenditori in difficoltà. Come riportato da un articolo di The Cut, questo fenomeno ha un nome preciso: Zizmorcore.
“Zizmorcore consiste nell’indossare merch di posti che si sentono veramente autentici a New York. […]La sua unica regola ferrea è che la cosa che stai rappresentando non potrebbe esistere nello stesso modo in un’altra città. In un certo senso, è un perfetto trend newyorkese perché è ottimo per discutere.”
Questo mercato in forte espansione è diventato la forza dei vari influencers e creators sui social), il tutto con strategie alla base. Ad esempio, l’account Instagram HIDDEN.NY, si è stabilito come un vero e proprio archivio sul mondo della moda del passato e del presente. Partito nel settembre 2018, oggi l’account vanta più di 500k followers e una fanbase molto attiva. Il creator di New York si è creato una personalità di spessore, andando a creare la propria linea d’abbigliamento, una newsletter con articoli ed interviste e svolgere diverse consulenze stilistiche. Il suo merch è diventato quasi un grail super richiesto perché riflette la personalità creativa del suo fondatore, minimalista nell’estetica ma adatto ai tempi moderni.
Ogni post in cui annuncia un nuovo drop, o una nuova collaborazione, viene preso d’assalto dai commenti dei suoi fan, desiderosi di avere più informazioni possibili sul drop e come portarselo a casa. Per rendere l’idea, basta guardare alcuni dati su StockX sui suoi prodotti: Il three-pack di calzini sono il pezzo più ricercato, come le logo tee e gli shorts a prezzi molto superiori al retail.
Il suo account/archivio storico ha coinvolto un segmento preciso di appassionati dello streetwear del passato, e non solo, con lo scopo di creare una community unita sotto un unico tetto. Acquistare un capo di Hidden dimostra un reale attaccamento a quel brand e alla realtà che la circonda. Il 25enne inglese dietro l’account IG è diventato anche un punto di riferimento per personaggi del calibro di Drake, Takashi Murakami, Don C, John Elliott, Ronnie Fieg, Abloh e Pharrell, tutti legati dalla voglia di indossare capi rari (e costosi) e scoprire le nuove tendenze.
Analogamente, anche altri account IG come Lil Jupiterr hanno utilizzato il proprio feed per aggiornare costantemente sullo streetwear, sport, anime e cultura pop in generale, arrivando ad importanti collaborazioni con K-Swiss e Advisory Board Crystals. Anche lui ha creato il proprio brand, dopo aver accumulato un numero considerevole di fan e una fanbase unita.
I due esempi di Hidden e Lil Jupiterr racchiudono il nuovo concetto di creator/influencer moderno sui social. La creazione del proprio merch è solo il culmine di un lavoro di costante presenza attraverso le proprie passioni. Raramente pubblicano foto personali, ma a volte è necessario: i fan vogliono capire chi si cela dietro allo schermo e se, soprattutto, rispecchia tutto quello che viene postato sui loro account IG. Di conseguenza, vendere il proprio merch diventa qualcosa di naturale e comprensivo delle proprie ispirazioni quotidiane.