Editoriale - Aprile 16, 2023

Last updated on Aprile 18, 2023

Ecco come Sallys Sneakers è “Built Different”

unitevi a noi per ascoltare un’interessante conversazione con la collezionista di sneaker e creatrice di contenuti, nata in Danimarca ma di origini persiane, che ci parla dell'influenza di sua madre nella sua vita, delle origini dei suoi selfie allo specchio e di un messaggio per la prossima generazione di donne in sneaker.

unitevi a noi per ascoltare un’interessante conversazione con la collezionista di sneaker e creatrice di contenuti, nata in Danimarca ma di origini persiane, che ci parla dell'influenza di sua madre nella sua vita, delle origini dei suoi selfie allo specchio e di un messaggio per la prossima generazione di donne in sneaker.

Questo articolo è parte 0 di 0 Nella serie: Built Different

Dicono che Parigi sia sempre una buona idea. Il che rende la Settimana della Moda di Parigi un’idea ancora migliore. Aggiungete un paio di giorni di avventure urbane tra le affascinanti strade della città, le feste notturne e gli eventi più chiacchierati con Sallys Sneakers – creatrice di contenuti per le sneaker e attivista per i diritti delle donne – e avrete l’idea più valida di sempre.

L’anno scorso, il team di StockX ha messo in evidenza le conversazioni e i contenuti ispirati dalle donne che creano i propri percorsi di vita attraverso lo sport, le sneaker, i giochi e la moda con una serie intitolata “Built Different”, e siamo entusiasti all’idea di farlo di nuovo per il 2023. 

Quest’anno inizia con Sally Javadi, altrimenti nota su Instagram come Sallys Sneakers. Vanta oltre 280.000 fedeli follower e un gusto impeccabile in fatto di sneaker e moda. Al di là delle novità settimanali della sua rotazione, Sally è anche impegnata in un messaggio che  parla di parità di diritti: lei si augura che possa essere una fonte di ispirazione per le altre donne, in particolare quando si tratta del movimento Woman Life Freedom, attivo nel paese d’origine della sua famiglia, l’Iran.

Abbiamo incontrato Sally in uno dei primi giorni della Settimana della Moda di Parigi, in un appartamento parigino fin troppo vuoto che si affacciava sulla Torre Eiffel (una grave mancanza nell’annuncio del portale Airbnb). È calorosa ed emozionata. Abbraccia tutti i membri della squadra di StockX, indipendentemente dal fatto che lavoriamo insieme da anni o che sia la prima volta che ci incontriamo. È gentile e sorridente. Non ci vuole molto per sentirsi istintivamennte parte della sua famiglia allargata. E non per le scarpe da ginnastica che indossi o per la borsa che porti con te, ma per la sua innata gentilezza. Riconosce prima di tutto il suo valore interiore, è questo il suo superpotere. Ciò fa sì che tutto il resto all’interno del nostro legame – famiglia, scarpe da ginnastica, moda – sia solo una ciliegina sulla torta.

Tra un’esplosione di Drake e una carrellata dei suoi ultimi acquisti in tema di sneaker, Sally si è seduta con noi per parlare dell’essere Built Different, di come sua madre abbia plasmato la sua storia, e dell’importanza del difendere i diritti delle donne e dell’avere fiducia in se stessi.

Stiamo festeggiando il Mese della Storia della Donna: a tale proposito abbiamo organizzato una campagna chiamata Built Different, che riguarda tutte quelle donne della cultura attuale in grado di costruire da sole la propria strada, influenzando positivamente le generazioni più giovani con il loro esempio. Quindi iniziamo ogni intervista chiedendo: che cosa significa per te Built Different?

Sally: Per me Built Different significa avere l’opportunità di essere me stessa e di distinguermi come donna nella comunità delle sneaker.

Nelle interviste parli spesso del desiderio di distinguerti. E parli anche molto di tua madre e dell’esempio che ti ha dato in famiglia. Sono curiosa di sapere qualcosa di più su come tua madre ti abbia mostrato questo percorso di emancipazione, di utilizzo della tua piattaforma e della tua voce. Quali esempi ti ha dato da bambina?

Sally: Mia madre era una rifugiata iraniana. È fuggita dall’Iran con mio padre e mia sorella maggiore quando aveva poco più di vent’anni. E ne ha passate tante. Essere una donna iraniana, dover ricominciare completamente da capo in un Paese completamente diverso, imparare un’altra lingua, essere una giovane donna con la sua bambina, mia sorella.

Credo che abbia rinunciato a tutto per dare alle sue figlie, a me e alle mie sorelle, le opportunità che abbiamo oggi. Quindi è stata un ottimo esempio per quanto riguarda lo spirito di sacrificio, soprattutto per noi. 

Come donna, non ha avuto altra scelta che fuggire dall’Iran per darci l’opportunità di esprimerci, di essere noi stesse, di vestirci come volevamo, di ottenere ciò che abbiamo oggi.

Era così giovane, più giovane rispetto a me oggi. E non riesco nemmeno a immaginare quanto abbia sofferto, e quanto sia stato difficile per lei vivere la sua vita anche tenendo conto di noi, dovendo ricominciare tutto da capo. Quindi sì, mia madre è probabilmente la mia icona di riferimento in tutto ciò che faccio, perché ci ha sempre insegnato a essere forti e perseveranti in tutto ciò che affrontiamo, e a cogliere ogni opportunità che ci viene offerta per avere voce in capitolo ed essere sempre noi stessi.

"In fin dei conti, quanto è divertente essere come tutti gli altri? È meglio essere costruiti diversamente".

C’è mai stato un momento dell’infanzia in cui lei ti ha insegnato o mostrato come riuscire a essere forte e tenace?

Sally:

Ci sono stati alcuni episodi. In prima elementare frequentavo una scuola pubblica danese. Un giorno sono tornata a casa e ho detto: “Mamma, la maestra non mi fa rispondere alle domande”. E lei: “Cosa? Perché?”. 

Così il giorno dopo è andata a scuola, dicendo: “Che succede? Sally mi sta dicendo che non la lascia parlare in classe. E perché la portate in un’altra stanza per parlare con lei?”. E la maestra: “Abbiamo fatto disegnare ai bambini tre cerchi: il secondo doveva essere più grande del primo, e il terzo più grande del secondo”. A quanto pare non l’ho capito, così ho disegnato tre cerchi perfettamente simili.

L’insegnante mise il disegno davanti a mia madre e disse: “Questo è quello che ha disegnato”. E mia madre dice: “Sì?”. E lei: “Quindi è chiaro che ha una barriera linguistica”. E mia madre: “Perché l’ha portata via dalla classe senza avvisarmi?”. E lei: “Pensavamo che avesse bisogno di un aiuto supplementare”. E badate bene, io parlavo perfettamente due lingue. Ero bilingue, quindi parlavo sia il danese che il farsi. Il che non è mai stato un problema per me, finché non ho iniziato la scuola e la gente ha notato che non ero completamente danese. Allora è diventato un problema.

Alla fine ho avuto un altro paio di esperienze simili, ma mia madre non si è mai arresa. Quando c’erano gli incontri con i genitori e gli insegnanti, le dicevo sempre: “Mamma, puoi toglierti gli occhiali? Hai un aspetto intimidatorio”. E lei rispondeva: “No, non mi tolgo gli occhiali”. Perché sapevo che ogni volta che andavamo agli incontri con gli insegnanti, lei avrebbe avuto qualcosa da ridire sull’ingiustizia del trattamento che avrei potuto ricevere di tanto in tanto.

Oggi in te c’è così tanto di quelle storie.  Oggi dici al potere ciò che pensi, e usi la tua piattaforma. Quando hai capito la responsabilità che avevi? O forse non è neanche una questione di responsabilità, ma quando hai sentito di avere le stesse capacità di tua madre? Come a dire: “Oh, posso usare anch’io la mia voce e la mia forza interiore, proprio come ha fatto lei”.

Sally: Penso di aver iniziato a essere molto diretta quando ho raggiunto i 13 o 14 anni. E se mi sentivo trattata diversamente o male, anche a scuola, dicevo sempre quello che pensavo.

Prima di iniziare l’università, ho pensato che, diventando psicologa, avrei potuto aiutare i bambini come me, i bambini provenienti da contesti multiculturali o biculturali, i bambini di colore, quelli che hanno avuto le stesse difficoltà che ho dovuto affrontare anch’io da bambina.

Guardando indietro, mi rendo conto che mia madre è sempre stata dalla mia parte, e sento che senza di lei non sarei diventata la persona che sono oggi. E non tutti i bambini hanno questa opportunità. Quindi sento di poter incarnare questo tipo di ruolo, sento di poter essere un punto di riferimento per tutti i bambini con una doppia etnia.

E poi ho iniziato a interessarmi di scarpe da ginnastica. Molto casualmente, un’amica è venuta a casa mia durante il periodo in cui frequentavo l’università. Stavo per scrivere la mia tesi di laurea in psicologia. All’epoca avevo 23 anni, e avevo già deciso cosa fare: volevo lavorare con i bambini e aiutarli a trovare la loro strada nella vita.

Poi è arrivata una mia amica che mi ha detto: “Sally, hai una collezione pazzesca di scarpe da ginnastica. Perché non la condividi su Instagram?”. 

Tenete presente che la Danimarca è un Paese molto piccolo, quindi le persone tendono a conoscersi. Penso che molti abbiano la presunzione di ritenere che chiunque svolge l’attività di “influencer”, oppure si occupa di contenuti o di social media in generale, corrisponda a una specifica tipologia di persone. Quindi non volevo mischiare le cose.

Così ho detto alla mia amica: “Sono abbastanza decisa su ciò che voglio fare. Riuscirò comunque a trovare un lavoro anche se mi occupo di social media?”. E lei: “Allora non mostrare la tua faccia”. Così abbiamo iniziato a fotografare la mia collezione e a pubblicarla su Instagram, e all’improvviso questa è esplosa in termini di popolarità.

"Mi sembrava che ci fosse una grande mancanza di rappresentazione quando si trattava di donne che indossavano queste scarpe. Erano sempre uomini, sempre piedi di uomini. Così mi sono detta: 'Lasciatemi dare alla gente, alla comunità, qualcosa che in realtà manca'".

Come hai iniziato la tua collezione di sneakers?

Sally: Probabilmente ero al liceo, e ho iniziato a essere più consapevole di come si vestiva la gente e del mio stile personale, e così ho iniziato a interessarmi di moda. Tutto ha avuto inizio con il modello più banale del mondo, un vero e proprio classico intramontabile: le Air Force bianche.

E da lì è diventato: “Ok, come faccio a trovare qualcosa che non sia così noioso?”. Perché osservavo ciò che gli altri avevano ai piedi, e mi sono resa conto che indossavamo tutti la stessa cosa. Allora mi son detta: “No, ho bisogno di qualcosa che abbia un tocco di colore”. Così ho iniziato a interessarmi alle Air Max. Non avevo idea di come si chiamassero i modelli specifici, ho solo preso delle Air Max rosa con i lacci rosa e mi sono detta: “Nessuno le ha, quindi ora posso sfoggiarle”.

Da lì ho iniziato a rifornirmi di scarpe da tutto il mondo, cercando di trovare quel qualcosa che gli altri non avevano. Ho iniziato a occuparmi di sneaker più esclusive e di prodotti da donna. Ho acquistato un paio di Puma Fentys. Qui in Danimarca ho dovuto fare la coda per averle.

Qual è il numero attuale? Quante paia ne hai in totale?

Sally: Oh, a dire il vero ho smesso di contarle. Ma credo che a questo punto siano circa 350 o 400 paia. Un bel po’.

Quindi inizi a essere Sallys Sneakers. E, come dicevi prima, la cosa è esplosa, giusto? Come ha fatto a prendere piede?

Sally: La prima foto ha ricevuto circa 500 Mi piace. E la mia amica mi dice: “Sì, ho un foglio Excel con tutti gli hashtag che devi fare, tutte le linee guida e tutte le pagine che devi taggare”. E finisce per aiutarmi con i primi post.

Nel giro di due settimane sono arrivata ad avere 2.000 follower, perché tutte le pagine giuste mi hanno ripubblicato, e da lì la cosa è decollata. C’era NiceKicks, c’era Hypebae, c’erano un sacco di pagine di sneaker americane.

In realtà, l’aspetto più interessante che ho notato, quando ho fondato Sallys Sneakers, è stato il fatto che avevo bisogno di una comunità. Mi sentivo un po’ sola nel mio hobby e nel mio stile di vita. Quando ho iniziato ad appassionarmi di sneaker, andavo letteralmente su Instagram, cercavo una scarpa e poi andavo alla ricerca di qualcuno che la indossasse, per vedere se era la scarpa che faceva per me.

Mi sembrava che ci fosse una grande mancanza di rappresentazione, quando si trattava di donne che indossavano queste scarpe. Si trattava sempre di uomini, di piedi maschili. Così ho pensato: “Voglio dare alla gente, alla comunità, qualcosa che in realtà manca”.

Sally: Così ho provato a pubblicare i contenuti che avrei voluto vedere come donna, il che è stato molto divertente. Ho cercato di rendere più vivace il tutto, senza il mio volto, con calzini di colori diversi, cavigliere, qualsiasi cosa potessi inventarmi. Perché neanch’io avevo un valore nominale, quindi dovevo trovare una mia cifra personale per farmi notare.

È così che ti è venuta in mente l’idea di riprenderti davanti allo specchio?

Sally:

Sì, dopo aver fatto solo foto di scarpe da ginnastica, mi sono stancata di fare sempre la stessa cosa. Dopo sei mesi ho raggiunto i 50.000 follower e ora sto finendo la scuola. Ho iniziato a interessarmi anche di moda, perché ritengo che le sneaker siano semplicemente sneaker e nient’altro, se non si ha il talento di saperle abbinarle a un outfit.

Così ho iniziato a capire che se tenevo lo smartphone davanti alla macchina fotografica mentre ero in piedi davanti a uno specchio, potevo effettivamente indossare un outfit completo senza il mio viso. Così ho preso uno scaffale Ikea, ho messo uno specchio davanti allo scaffale e ho pensato: “Ehi, funziona. Funziona davvero”.

Ho iniziato a fare più contenuti di questo tipo. E cercando di fare in modo che tutto si abbinasse e stesse bene insieme, ho iniziato a indossare degli outfit completi. Tenevo il mio telefono davanti allo specchio e mi sforzavo di trovare nuovi modi per incuriosire le persone, come mostrare un po’ di viso ma senza la mia espressione facciale completa.

E poi l’anno scorso, in occasione della Giornata internazionale della donna, hai deciso di svelare il tuo volto, di presentarti al mondo. Ho visto che hai detto di aver dovuto ridefinire la tua identità sui social media.

Sally: Sicuramente.

Volevo che le giovani donne, le ragazze, mi vedessero e pensassero: "Ehi, è una donna iraniana. In Danimarca, sta realizzando ciò che è. Ha costruito tutto questo solo tenendo i piedi per terra ed essendo chi è'".

Come sei arrivata a questa decisione? E cosa è accaduto durante questo percorso di ridefinizione?

Sally: Cerco sempre di fare un po’ di più. Non sono mai pienamente soddisfatta, voglio solo continuare a creare e andare avanti. Ho iniziato a voler condividere più contenuti su ciò che ero. E mi sono sempre ripromessa che quando avrei deciso quale strada scegliere – se occuparmi di psicologia o di sneaker – sarei uscita allo scoperto e avrei mostrato al mondo la mia identità. E così ho fatto. Ho deciso: “Sto costruendo il mio marchio. Sto cercando di mostrarmi con sicurezza alle persone per come sono realmente”.

Eri un po’ preoccupata?

Sally:

Ho avuto molta paura. Perché avevo costruito un marchio forte, ma mi sentivo al sicuro all’interno della mia comfort-zone, dove potevo essere Sallys Sneakers senza volto. Sono sempre stata una persona riservata. Non che non mi piaccia parlare con le persone, ma ho anch’io i miei limiti.

Mi spaventava il fatto di dover improvvisamente condividere più cose di me stessa. Decidere all’improvviso di condividere il proprio volto con 250.000 persone che non hanno la minima idea di che aspetto tu abbia, se non per aver cercato di pedinarti su Google. Mi sono detta: “Oh, ma quanto siete davvero interessati?”.

Ma quando finalmente ho condiviso la mia identità, anche se stavo tremando, mi sono sentita sollevata. È stato un sollievo aver finalmente raccontato la mia storia. All’inizio ho detto che volevo diventare psicologa perché volevo essere un influencer. Ma poi ho trovato la mia strada creativa e ho deciso di diventare un influencer in un altro modo. Ma sono comunque rimasta me stessa.

Volevo che le giovani donne, le ragazze, mi vedessero e pensassero: “Ehi, è una donna iraniana. Sta realizzando la sua personalità in Danimarca . Ha costruito tutto questo tenendo i piedi per terra e rimanendo se stessa”.

Sally: Mi sembrava che il mio messaggio fosse arrivato nel modo giusto. Ma dopo averlo fatto, mi sono chiesta: “E adesso che diavolo faccio? Dove andrò a finire?”.

Quando si parla di donne che fanno le influencer o indossano sneaker, ci sono sempre numerosi clichè e stereotipi. 

Penso che invece la cosa bella e rara, a proposito della tua persona e dei contenuti che pubblichi, è che tu rimani sempre fedele al tuo amore per le scarpe da ginnastica. La sneaker rappresenta il tuo punto di riferimento costante. Sono curiosa di saperlo: come fai a rimanere fedele al tuo primo amore, in questo panorama della moda sempre in continua evoluzione?

Sally: Mi sono sempre ripromessa di non accettare mai la sneaker di un marchio che non avrei indossato al di fuori dei social media. E sono sempre – e sottolineo sempre – rimasta fedele a questa promessa. E questo, indipendentemente dal compenso che mi viene offerto o da chi me lo offre. Non pubblico mai nulla che non vorrei indossare anche nel mondo reale. Mi piace essere “built different”. Mi piace superare i limiti e abbattere i confini quando si tratta di moda e di scarpe da ginnastica, perché dico: “Ehi, non potete dirmi che non posso indossare questa cosa. Non come individuo, non come donna, non come chiunque. Sono io che decido come vestirmi”.

Ma io mi concentro sempre anche sulle scarpe che indosso. Le scarpe da ginnastica sono il mezzo grazie al quale ho imparato a esprimere pienamente me stessa. Mi hanno dato la sicurezza di potermi vestire in modo folle come faccio a volte, perché non l’avrei mai fatto se non fosse stato per le scarpe. Non sarei mai diventata quella che sono se non fosse stato per le sneaker. 

Si cresce sempre come persona, si trovano nuove strade e nuove direzioni da percorrere, oltre a nuovi interessi. Quindi non mi fermo qui a dire: “Non mi occuperò mai di nient’altro che non siano le scarpe da ginnastica per il resto della mia vita”. Ma a me (le scarpe da ginnastica) hanno dato la sicurezza necessaria per diventare quella che sono oggi.

Parli molto della tua piattaforma e del tuo pubblico, inteso in termini di comunità. Qual è stata l’interazione o l’influenza più significativa che hai visto all’interno della tua comunità? Come sono stati questi momenti?

Sally: I momenti in cui le persone mi mandano messaggi e mi dicono: “Tu sei la ragione per cui oggi sto facendo quello che davvero volevo fare”, sono i momenti in cui mi rendo conto che vale la pena fare tutto ciò che faccio, e che sto facendo la cosa giusta.

Proprio l’altro giorno ho condiviso la foto di un ragazzo che ha commentato un mio post dicendo che avrei dovuto mostrare una foto d’infanzia in cui indossavo le sneaker, perché altrimenti non ero una vera sneakerhead, o una persona legittimamente interessata alle sneaker.

L’ho postata sulla mia storia nella speranza di dimostrare che non esistono regole reali quando si parla di cultura delle sneaker. Questo ragazzo rappresenta tutto ciò che c’è di sbagliato nel mondo delle sneaker, il controllo, il “Devi fare questo. Devi avere questo tipo di conoscenza. Devi indossare questo tipo di sneaker per essere un OG, o comunque per essere abbastanza in gamba da far parte del mondo delle sneaker”. Beh, io penso che in realtà non ci sono regole.

Basta avere rispetto di questa cultura, essere se stessi, essere gentili con gli altri e vestirsi in  base ai propri gusti. Per me è ridicolo che alcune persone pensino che ci siano delle regole. Non possono dirlo sul serio.

Così ho pubblicato questa storia, e questa ragazza mi ha contattato dicendomi: “Sally, per favore, non ascoltare questo ragazzo. Sei fantastica, e sei la ragione per cui oggi sto facendo quello che davvero volevo fare”. E mi fa: “Ho elaborato uno studio universitario su di te e su quale ruolo riveste una persona come te nell’ambito della cultura delle sneaker”.

E ieri me lo ha inviato. È pazzesco, è una documentazione completa su di me. È un’analisi accurata di chi sono, e di tutto ciò che ho fatto finora. Contiene i miei modelli Nike by You, le mie storie sull’Iran, dei paragrafi dedicati ai messaggi che cerco di trasmettere attraverso la mia piattaforma, e a ciò che mi distingue dagli altri personaggi che popolano il variopinto mondo delle sneaker.

E onestamente, mentre la guardo, mi viene da sorridere, perché ancora oggi non riesco a credere di poter avere un’influenza così grande sulla gente, e che qualcuno sia così interessato a me da arrivare a scrivere un intero articolo su chi sono, ispirandosi a ciò che io rappresento all’interno della comunità delle sneaker.

Questi sono i momenti in cui penso: “Ok, sto facendo qualcosa di giusto, a prescindere dall’odio, a prescindere dalle persone che possono essere molto cattive nei miei confronti, soprattutto come donna nella comunità delle sneaker”. Tutto ciò che faccio è per la mia comunità, per gli iraniani e per ogni giovane ragazza, in modo che possano guardarmi sempre come una persona che “non ha paura di essere se stessa”.

Facendo un ulteriore passo avanti, so che hai parlato molto del movimento “Donna, Libertà, Vita” in Iran. Cosa significa per te essere una donna che lavora nel mondo delle sneaker e della moda, e che usa la sua piattaforma per parlare di ciò che accade oggi in Iran?

Sally: È una componente così importante della mia identità, di ciò che sono diventata – le mie origini e la mia eredità culturale persiane – che ho sempre avvertito la responsabilità di mostrare al mondo intero quanto sono orgogliosa di essere iraniana.

Ma come donna, soprattutto ora, ho la libertà di esprimere me stessa, di essere chi voglio. Ho un privilegio che nessuna donna iraniana attualmente ha in Iran, nessuna donna può essere pienamente se stessa e avere la libertà che ho io. Quindi è incredibilmente importante per me fare del mio meglio per diffondere sempre più informazioni e condividere i messaggi del movimento “Donna, Libertà, Vita”. E cercare, almeno, di fare del mio meglio per essere parte del cambiamento. E credo davvero, davvero tanto, che un giorno le donne iraniane saranno libere. E che alla fine potrò avere un sentimento più sano delle mie radici etniche e della mia identità culturale. Perché se non si è pienamente legati alle proprie radici, ci si sente sempre un po’ come una persona a metà.

Ho letto che hai accennato al desiderio di visitare la tua patria, di vederla.

Sally: Abbracciare la mia famiglia, sì.

Parlaci un po’ di questo desiderio.

Sally:Immaginate di crescere in questo mondo parallelo, e di sentirvi raccontare storie sul paradiso in cui sono cresciuti i vostri genitori. Ovviamente non era un paradiso, non era perfetto, nessun Paese può esserlo. Aveva le sue difficoltà, ovviamente. E anche i miei genitori avevano le loro difficoltà, a quell’epoca, probabilmente più di quante ne abbia io adesso.

Ma quando mia madre racconta le storie della sua infanzia, dicendomi quanto sia bello camminare per le strade di Teheran e avere quattro stagioni in un solo Paese. O quando mio padre mi dice: “Il mio ultimo desiderio è quello di poter trascorrere il resto della mia vita e gli anni che mi restano nella mia madrepatria. Dove ho vissuto la mia giovinezza, dove sono cresciuto, dove è sepolta mia madre, dove è sepolto mio fratello”. Ecco, queste sono le loro storie, questo è il loro desiderio più grande.

A questo punto non si tratta neanche di me. Sento di voler dare loro questa opportunità, soprattutto a mio padre. Mi piacerebbe molto che potesse tornare in Iran. E poiché non l’ho visto, non me lo ricordo e lo desidero ardentemente, vorrei davvero andare a visitarlo. Sento che probabilmente mi farebbe sentire più completa. Ma poiché non l’ho mai vissuto, in effetti non so bene cosa mi sto perdendo.

È ovviamente difficile destreggiarsi tra le scarpe da ginnastica e il movimento in Iran, ma sto cercando di fare del mio meglio per portare avanti entrambi i miei interessi nel modo più equilibrato possibile. E rimango sempre fedele alla mia identità, condividendo qualsiasi messaggio sento di dover trasmettere.

Illuminatevi, condividete la consapevolezza. È molto difficile far arrivare donazioni in Iran. Certo, ci sono alcune organizzazioni affidabili, ma a causa del governo al potere è molto difficile offrire aiuto a livello economico.

Il mio consiglio principale è quindi quello di firmare petizioni, condividere la consapevolezza e fare del proprio meglio per informarsi. Se vedete una protesta, partecipate. Gli iraniani sono persone adorabili, aperte e saremmo molto felici, io e la mia intera comunità, di ricevere il vostro aiuto.

E a tutte le ragazze, le donne e le altre persone che stanno leggendo, e che hanno rispetto per ciò che dico, e pensano che io stia facendo qualcosa di buono, sappiate che anche voi siete in grado di fare altrettanto bene. Potete sempre, sempre, rimanere fedeli a voi stessi.

Non smettete mai di essere gentili con gli altri, perché, per quanto mi riguarda, devo tutto ciò che ho alla mia comunità. Anche quando pubblico post sull’Iran e su altre cose che non riguardano le scarpe da ginnastica, il sostegno di queste persone è ciò che mi da la possibilità di essere me stessa, è la mia vita.

Sembra un luogo comune quando lo si dice, ma in realtà nulla è impossibile. Puoi fare qualsiasi cosa se ci credi davvero. E io ne sono la prova concreta. Come ho fatto, da semplice studentessa universitaria che ero, ad arrivare a fare tutto questo? E ora non sono forse seduta qui a Parigi, con voi di StockX? 

Ricordo che quando ho iniziato pensavo: “Sì, l’obiettivo è quello di poter lavorare con StockX”, di poter avviare questa collaborazione e molte altre cose. Per me ha rappresentato una vera e propria svolta nella mia vita.

Davvero?

Sally: Sì, lo è stato veramente.

Perché StockX ha significato così tanto per te dal punto di vista della partnership? E in che modo è riuscito ad aiutare il tuo marchio e la tua piattaforma?

Sally: Ricordo di aver detto a un mio amico: “Immagina se potessi lavorare con StockX, perché Dio solo sa quanti soldi ho speso in rivendite, a causa del fatto che ho i piedi piccoli”. 

Quindi StockX per me significava molto. E ricordo di aver pensato: “Sono una donna e una creatrice di contenuti. Mi occupo di scarpe da ginnastica. Questa è la collaborazione più interessante che si possa mai desiderare di avere”. Vi ho contattato, ed ero così spaventata di non ricevere risposta, ma ho pensato: “Sai una cosa, ci proverò”. E alla fine la collaborazione con StockX è durata tre anni.

E questo dimostra ancora una volta che tutto è possibile. Se cinque anni fa mi aveste chiesto  dove sarei stata oggi, non sarei a Parigi a raccontare a StockX la mia storia, a condividere le mie radici, la mia passione per le sneaker, il mio essere una donna danese-iraniana. Come è possibile che tutto ciò sia diventato realtà? Se fossi tornata indietro con una macchina del tempo, probabilmente sarei svenuta dicendo: “Ehi Sal, sai cosa sta per accadere?”. Non ci avrei mai creduto.

E ora? Che progetti hai in cantiere, e su cui vuoi darci qualche anticipazione? Hai qualche idea per consolidare ulteriormente il tuo marchio? Quale sarà la tua prossima mossa come creatrice di contenuti?

Sally: Credo che il mio prossimo passo sarà sicuramente il lancio del mio brand. Attualmente sto costruendo un marchio che si ispira al mio patrimonio culturale, alle mie radici e alla mia dualità culturale di donna danese-iraniana.


Non voglio svelare troppo perché desidero che le persone rimangano sbalordite da ciò che presenterò. Voglio creare la mia scarpa da ginnastica che porti con sé il peso specifico della mia storia personale, e che riesca a trasmettere la sensazione di un grande potenziale alla prossima generazione. Che sappia trasmetterla alla mia generazione, o a quella che mi ha preceduto. Il mio obiettivo più grande è sempre quello di essere in grado di ispirare. Quindi credo che la pietra miliare più grande, ciò che mi farebbe sentire davvero vincente, sia avere una mia collaborazione, essere in grado di raccontare la mia storia.

Quando abbiamo iniziato l’intervista, ti ricordi qual è stata la prima domanda?

Sally: Sì. Che cosa significa “Built Different”?

Ora te lo chiedo di nuovo. Dopo questa conversazione, dopo aver raccontato la tua storia e tutto ciò che per te costituisce una fonte di motivazione e ispirazione, e dopo aver parlato del messaggio che cerchi di comunicare alle giovani generazioni, che cosa significa per te “Built Different”?

Sally: Essere Built Different significa avere la capacità di essere chiunque si voglia essere senza essere limitati dagli stereotipi che qualcuno ha creato per noi. Abbracciare lil tuo essere diverso dagli altri, abbracciare l’essere te stesso e non rinunciare mai a ciò che ti sei prefissato di essere.

Ritengo che “Built Different” significhi che essere diversi, in fondo, non è una cosa negativa. La società ci insegna che dobbiamo essere tutti simili, che dobbiamo comportarci in un certo modo per essere accettati, ma alla fine, è divertente essere come tutti gli altri? Essere “Built different” è meglio.