“We make a good team my Adidas and me
We get around together, rhyme forever
And we won’t be mad when worn in bad weather
My Adidas
My Adidas
My Adidas”
Queste sono le parole della canzone “My adidas” dei Run DMC del 1986. Se oggi le sneakers sono diventate un elemento imprescindibile dell’Hip Hop probabilmente lo dobbiamo a loro e a chi ha capito il loro grande potenziale commerciale.
Per poter raccontare di come questa geniale trovata di marketing abbia rivoluzionato per sempre il mondo delle sneakers, occorre prima fare un passo indietro e tornare a metà anni ‘80. Proprio in questi anni i Run DMC si trovavano all’apice del successo grazie all’album “King Of Rock”, il primo nella storia dell’Hip Hop ad essere certificato disco di platino. L’album non solo aveva consacrato definitivamente il gruppo a livello musicale, ma anche a livello d’immagine. I Run DMC erano diventati uno dei gruppi più influenti a livello mondiale, creando un vero e proprio movimento di fan che, indossando scarpe e tute adidas, si rispecchiava in qualcosa di molto più grande e significativo.
Fu questo che spinse il dirigente adidas Angelo Anastasio a scommettere su di loro. Ed è proprio qui che inizia la nostra storia. Anastasio offrì loro un contratto da un milione di dollari. Gli introiti generati da questa partnership superarono i 100 milioni solamente nei primi quattro anni. Per la prima volta nella storia un brand di abbigliamento e calzature sportive investiva in un gruppo rap e non su un atleta.
Questa operazione di marketing, inoltre, consentì anche al brand tedesco di mantenere il passo del grande competitor americano, Nike, che proprio in quegli anni aveva lanciato la linea Air Jordan e stava spopolando in tutto il mondo.
Negli anni successivi il mercato delle sneakers ebbe una crescita smisurata. Se però da una parte gli atleti, uno fra tutti Michael Jordan e la sua linea di scarpe, contribuirono fortemente a questa veloce espansione, dalla parte dell’Hip Hop ci fu un momento di stallo.
Nel 1990, dopo la morte di Michael Eugene Thomas, a causa delle sue Air Jordan 5, Sports Illustrated pubblicò la copertina “Your Sneakers Or Your Life”, nella quale venivano evidenziate tutte le problematiche legate alla sneakers culture. Le continue morti legate alle scarpe portarono le aziende di abbigliamento sportivo a prendere le distanze dal mondo dell’Hip Hop, che proprio in questi anni stava vivendo la sua golden age a livello musicale (Public Enemy, Tupac e Notorious BIG per citarne alcuni) e si faceva sempre portavoce di problemi sociali attraverso la musica. Alcuni negozianti addirittura si rifiutavano di vendere le scarpe a chiunque in qualche modo fosse potuto risultare uno spacciatore o avesse avuto del denaro “sporco”.
Se da una parte vi erano meno partnership tra brand e rapper, questo non voleva dire che il fenomeno sneakers stesse scomparendo. Anzi, per capire meglio l’enorme portata di questo movimento, consigliamo la lettura del libro del 1991 di Bobbito Garcia “Confessions of a Sneaker Addict”.
Per tornare a vedere i rapper ribalta nel mondo delle sneakers bisognerà aspettare Allen Iverson. Sicuramente “The Answer” verrà ricordato di più per le sue giocate che per le sue canzoni, ma è proprio lui che spinse Reebok e altri brand a tornare a investire i propri budget di marketing nel mondo dell’Hip Hop e a dare il via a quella che oggi ci può sembrare una roba normalissima.
Nel 2003 Reebok lasciò un segno indelebile nella storia dell’industria delle sneakers. Quell’anno, infatti, il brand statunitense mise sotto contratto Shawn Carter, in arte Jay-Z, e 50 Cent. Le Reebok S.Carter di Jay-Z, ispirate alla Gucci Tennis ‘84, le sneakers per eccellenza degli Hustler, aprirono definitivamente le porte ai rapper come testimonial per antonomasia nel mondo dell’abbigliamento sportivo e streetwear. Stessa cosa per la linea “G-Unit by RBK” di 50 Cent. Questo fu il classico esempio di come non servisse essere un atleta di punta per vendere una scarpa.
“I know what’s good on Soundscan, but here I didn’t really have any expectations.”
G-Unit – Stunt 101
Negli anni successivi ci fu un notevole exploit di collaborazioni tra brand e artisti Hip Hop. Senza dilungarci troppo, ne elenchiamo alcune: Lugz con Birdman per una linea di boots e sneakers esclusive, il Wu-Tang con Fila, senza dimenticarci della rivisitazione di Questlove sulla Nike Air force 1. Addirittura ci fu chi come Pharrell Williams (insieme a Nigo) diede vita al brand Billionaire Boys Club, anche se già in passato qualche altro rapper aveva provato a creare delle linee di abbigliamento esclusive finite poi nel dimenticatoio. Lo stesso Pharrell, qualche anno più tardi, portò sulla cresta dell’onda anche adidas e le sue NMD, portando di nuovo il brand tedesco alla ribalta.
Tornando non troppo indietro nel tempo, non possiamo non citare Kanye West col suo “Effetto Yeezy”. Fu lui a mischiare ancora una volta le carte in tavola, dando luce ancora di più a quei rapporti che sono stati una vera e propria fortuna per l’industria dell’Hip Hop e delle sneakers.
Negli ultimi anni le collaborazioni tra artisti Hip Hop e brand sono all’ordine del giorno. Sono proprio i rapper a settare i trend e a influenzare la massa. Basti pensare a cosa ha fatto Travis Scott con le Dunk, o senza dimenticarci di personaggi come Drake con OVO, Eminem, Pusha T, Tyler, The Creator, A$AP Rocky, Reakwon e molti altri.
Se oggi le sneakers sono sempre di più un fattore presente nella vita di quasi tutti i consumatori, probabilmente lo dobbiamo anche a tutti questi artisti che ci hanno fatto innamorare della loro musica e a tutti quei brand che hanno creduto in loro.