Editorial - August 5, 2020

AS Velasca: tutto fuorchè una squadra di calcio

Mattia Rinieri

Scrivo di sneakers e dintorni.

In questo ultimo episodio di Pronto per il Match abbiamo intervistato il vicepresidente di AS Velasca, Loris Mandelli, per capire come la squadra ha affrontato il lockdown e molto altro.

In questo ultimo episodio di Pronto per il Match abbiamo intervistato il vicepresidente di AS Velasca, Loris Mandelli, per capire come la squadra ha affrontato il lockdown e molto altro.

This article is part 7 of 7 in the series: Match Ready

Durante il lockdown le nostre vite sono cambiate in modo veloce e sorprendente, permettendoci di scoprire nuovi lati di noi stessi e sviluppare nuove abitudini. Abbiamo messo insieme un gruppo di amanti ed insiders nel mondo del calcio per capire come hanno vissuto la loro passione per il gioco e se effettivamente si estende ben oltre il campo.

AS Velasca “non è un club di calcio, non un’opera d’arte, ma tutto questo insieme”. Un team in continuazione evoluzione che affonda le sue radici nella scena artistica globale, da Milano, dove la squadra milita nel campionato di terza categoria, a Parigi e fino al Sud Africa, con il “gemellaggio” con i Soweto Stars FC. Loris Mandelli, vicepresidente e uno dei fondatori di AS Velasca, ci ha offerto uno sguardo dietro le quinte della squadra più artistica del calcio di periferia.

La seguente intervista è stata modifica in minima parte.

Come è nata AS Velasca?

Il progetto è nato in un modo piuttosto semplice, dopo un’asta del fantacalcio nel 2014. Proposi al Presidente Wolfgang Natlacen di fare un “fantacalcio” con dei giocatori veri creando un club calcistico; la sua risposta fu “sì, mi piace” e così, negli ultimi 5 o 6 anni ci siamo dedicati a questo progetto mettendo in piedi una società artistico sportiva insieme agli altri soci fondatori del club, ossia De Girolamo, Khideur e Tournus, ai quali si sono aggiunti di recente Signollet e Usuelli. Siamo passati da un fantasy game alla cruda realtà del calcio di periferia ma sempre continuando a giocare e pensare il calcio come una forma d’arte. Il tutto senza abbandonare il fantacalcio naturalmente, quello è un vizio.

Perché proprio la Torre Velasca come simbolo?

Perché la torre? Più passa il tempo e più mi convinco che la Torre Velasca sia il vero simbolo di Milano in quanto unisce il bello al brutto senza paura dei giudizi, dunque la trovo ideale sia per il nostro club che per la nostra città.

Torre Velasca

Presentazione maglia casa di Francesca Belgiojoso appesa sulla torre Velasca (foto di Alessandro Belussi)

Molte volte l’assenza aiuta a capire quanto una cosa o una persona sia effettivamente importante nelle nostre vite. Cosa vi è mancato di più del calcio durante questo periodo?

Hai perfettamente ragione, non ti accorgi di quanto sia piacevole fare qualcosa fino a quando non te la vietano. Non ti accorgi di quanto sia bello uscire in un mercoledì sera di gennaio per andare su un campo ghiacciato fino a quando non hai più la possibilità di farlo. In questo blocco forzato ci è mancata sicuramente la routine della stagione sportiva ma, per nostra fortuna, il progetto è talmente ampio che ci ha tenuti occupati ugualmente, pur senza calcio giocato.

Durante il lockdown, abbiamo fatto a meno di cose che pensavamo indispensabili, dalle cene al ristorante alle birre con gli amici, riuscendo a rimpiazzarle con altro. Il calcio è stata una di queste cose? Se sì, cosa ha preso il suo posto?

Non è stato rimpiazzato ma è stato modificato il modo di viverlo. Se vogliamo, il Covid-19 ha “aiutato”, passami il termine, a vedere le cose sotto un’altra prospettiva, più moderna, più innovativa e più tecnologica. Chi non era al passo coi tempi ha dovuto impegnarsi nel trovare una soluzione “digitale” che permettesse il distanziamento sociale nel mondo del lavoro; Allo stesso modo il mondo del calcio ha provato a modificarsi, con risultati più o meno validi, inventandosi qualche accenno di alternativa, come ad esempio il calcio digitale con gli e-games. Dal canto suo, il Velasca ha continuato a giocare ma senza pallone.

Il calcio è stato fermo per mesi e la sua importanza nei media è passata da 100 a 0 in breve tempo. Questo vi ha fatto capire che nel grande insieme delle cose questo sport è sopravvalutato?

Tra le cose che maggiormente mi appassionano nella vita, almeno tra quelle che si possono dire, c’è sicuramente il calcio e lo sport in generale. Non poter seguire lo sport per me è stato uno shock, riguardare su Youtube durante il lockdown tutti i sorpassi storici di Valentino Rossi è stato sicuramente esaltante per aver rivissuto quei momenti, ma anche molto frustrante per non averne di nuovi. Non credo che lo sport possa mai essere considerato sopravvalutato, del resto Greci e Romani vedevano lo sport come pilastro della cultura, e se dopo secoli siamo ancora qui a sfidarci un motivo c’è.

Ora che il calcio giocato è tornato, cosa vi entusiasma di più? Tornare a giocare o godervi la lotta scudetto?

Sicuramente tornare a giocare, se tutto va bene, a settembre. Lo scudetto di Terza Categoria è molto più incerto della Serie A degli ultimi anni.

AS Velasca squadra

Foto ufficiale della rosa 2019/20 a cura di Jessica Soffiati

Il lockdown ci ha anche permesso di generare nuove idee ed iniziare nuovi progetti che non avremmo mai immaginato, per esempio i tifosi sugli spalti ricreati con un software durante la finale di Coppa Italia. Ci sono dei progetti o abitudini che avete concepito durante il lockdown e che faranno parte del vostro futuro? Se sì, quali?

Noi abbiamo fatto tantissime cose durante il lockdown, se fai un giro sui nostri canali social siamo tra i pochi a non esserci mai fermati, anche se effettivamente fermi eravamo. Diciamo che la narrazione non si è mai fermata quando altri club frugavano nei loro rispettivi passati alla ricerca di ricordi da rispolverare. Il bello del nostro progetto è proprio questo, siamo una squadra di calcio ma il calcio non è l’unico argomento toccato. Per assurdo abbiamo avuto più tempo a disposizione per tutti i nostri progetti extra-campo, per esempio le bellissime mascherine anti-covid con le espressioni calcistiche in velcro ideate da Thomas Signollet pronte all’uso per la ripartenza sportiva. O anche le canonizzazioni dei nostri tesserati “martiri” ; Gregor Mussner ha scolpito 11 dei nostri giocatori come se fossero santi. E pure i giocatori si sono divertiti a creare con noi, dai video per la Lockdown Ballad con musica di Arden Day agli innumerevoli disegni che hanno composto varie animazioni. Insomma, se ci pensi da marzo alla prossima ripresa sportiva, il Velasca non avrà toccato palla per almeno sei mesi ma così non sembra.

Gonzalo Impaglione

L’attaccante Gonzalo Impaglione ritratto da Vincenzo Mussner

Milano è stata una delle città più colpite dal COVID, questo ha modificato la vostra relazione con la città?

I Milanesi, e più in generale i Lombardi, hanno subito una discriminazione alla quale non erano abituati. Da un lato questo ci ha reso uniti, ci ha reso maggiormente legati al locale, ma dall’altro ci ha dato anche una bella lezione che non va scordata: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Va anche detto che il Velasca non si limita a Milano, è un progetto che ha due sedi, una a Milano, una a Parigi, due zone rosse, due città a volte antagoniste che si sono ritrovate unite un po’ anche grazie al Velasca.

Come vi state preparando alla ripresa del campionato?

Ci stiamo preparando alla grande e sono certo che la prossima stagione sarà fantastica sia dal punto di vista dei risultati sportivi che sul lato societario-progettuale. Stiamo attualmente lavorando con il nostro sponsor tecnico, Le Coq Sportif, sulle nostre nuove maglie ideate da un nuovo artista, questa volta sudafricano. Dopo cinque anni di vita, la nostra narrazione è arrivata al termine del primo tempo. Durante l’interludio, oltre al solito “calciomercato artistico”, la rosa sarà rivoluzionata più del solito. Qualcuno è sceso dalla torre e altri ci saliranno. Il nostro è un progetto sportivo nel quale devi credere al 100% a prescindere da risultati, scelte e difficoltà. Devi fidarti ciecamente e lasciarti trasportare.