Brooklyn Cycling Cap Thumb

Apparel - Luglio 17, 2020

Il Brooklyn Cycling Cap: un pezzo di Italia nella cultura sneakers

Mattia Rinieri

Scrivo di sneakers e dintorni.

Raccontiamo la storia del Brooklyn Cycling Cap, un pezzo della cultura sneakers, ed il suo ritorno nel 2020.

Raccontiamo la storia del Brooklyn Cycling Cap, un pezzo della cultura sneakers, ed il suo ritorno nel 2020.

Brooklyn Cycling Cap Hero

Nel 1989 Spike Lee e Jordan unirono le forze per una serie di spot televisivi per sponsorizzare l’uscita di due silhouette che abbiamo ammirato in The Last Dance: le Jordan 4 e le Jordan 5. In questa serie di spot, il famoso regista indossa il Brooklyn Cycling Cap a testimoniare il quartiere dove è cresciuto e la sua passione per il mondo delle bici, rendendo questo accessorio allo stesso tempo cool ed iconico. Sono in pochi, però, a conoscere la vera storia di questo oggetto e come sia entrato a far parte della cultura sneakers pur arrivando dal mondo del ciclismo professionistico. Il brand italiano di abbigliamento da ciclismo Headdy ha deciso di riportare sul mercato il cappellino nel 2020 e rimanere fedele alla versione originale (diffidate dalle imitazioni). In questo processo, StockX è qui per celebrarne la storia.

Il Brooklyn Cycling Team

La prima versione del cycling cap venne prodotta nel 1957 in Italia, ma è negli anni ’70 che venne disegnata la versione per il Brooklyn Cycling Team destinata ad arrivare fino ai giorni nostri. Tra il 1970 e il 1977, il team dominò il panorama delle corse su strada in tutto il mondo, con 40 vittorie di tappa al Giro d’Italia e contando tra le sue fila campioni come Roger De Vlaemnick capace di vincere per quattro volte la Parigi-Roubaix. Nel 1973, lo sponsor principale del team cambiò da Dreher alla nota marca di chewing gum Brooklyn, con il conseguente cambio di nome e colori sociali, bianco, blu e rosso.

La nascita di Mars Blackmon

Spike Lee Michael Jordan

A distanza di quasi dieci anni, un giovane regista di New York trovò per caso il Brooklyn Cycling Cap in un negozio della Grande Mela e decise che era il pezzo mancante dell’outfit di Mars Blackmon, un personaggio del film She’s Gotta Have It del 1986 interpretato proprio dal regista, che ama i New York Knicks e le Jordan.

Nel 1989, Spike venne incaricato di girare una serie di spot per promuovere il brand e le sue ultime Jordan 4 e 5, da poco riproposte dal brand in chiave Retro, che diventarono immediatamente dei cult del genere e della cultura sneakers. Dal più famoso “Is it the shoes?” dove le Jordan 4 sono protagoniste fino ad “Around the World”, in cui le Jordan 5 “volano” in foto da tutto il mondo, Mars Blackmon duetta con Michael Jordan, indossando il Brooklyn Cycling Cap in ogni frame e pronunciando battute che ogni vero sneakerhead ricorda a memoria. Il Brooklyn Cycling Cap divenne un oggetto di culto e parte della cultura sneakers.

Il ritorno di un mito

Brooklyn Cycling Cap

Nel corso degli anni ’90, Michael Jordan scrisse pagine indelebili della storia dello sport con la vittoria di 6 titoli NBA e numerosi record polverizzati, ovviamente sempre con un paio di Air Jordan ai piedi. Questo ha permesso al Brooklyn Cycling Cap di godere di una certa fama fino ai giorni nostri. Più in generale, il cappellino da ciclista come accessorio si è ricavato una propria popolarità grazie al movimento dello scatto fisso e ad apparizioni in serie tv e film di successo, come Stranger Things e White Man Can’t Jump.

Nel 2020 Simone Toso, dal 2009 al 2017 Merchandising Manager di Cinelli, ha deciso di riportare il Brooklyn Cycling Cap sul mercato con il suo brand Headdy, proponendo nuove colorazioni e collab con brand streetwear. La prima uscita è fedele all’originale in ogni suo dettaglio e 100% made in Italy. Le 3.000 unità prodotte sono andate tutte sold-out in pre-order, ma non preoccuparti, nel caso tu non sia riuscito a farlo tuo, puoi acquistarlo ora su StockX.