Poche persone nel mondo dello streetwear possono vantare lo status e il rispetto che Hiroshi Fujiwara ha saputo guadagnarsi nel corso degli ultimi trent’anni. Per molti HF è semplicemente il “padrino dello streetwear giapponese” o il “Re di Harajuku”, uno dei membri di un gruppo ristretto di visionari che ha contribuito a dare forma alle maggiori espressioni della Street Culture nipponica che, a cavallo tra la fine degli anni ’90 e l’inizio dei duemila ha influenzato moda, design, musica e arte passando per le strade di New York, Londra, Parigi e Los Angeles.
Le sneakers hanno un ruolo fondamentale nel modo in cui il “personaggio” Hiroshi Fujiwara comunica con il mondo. I suoi gusti sono influenzati dal Punk e dall’Hip Hop della sua giovinezza ma anche dall’innato amore dei giapponesi per tutto ciò che è Hi-Tech ed espressione del futuro che ci aspetta. Sotto molti aspetti HF è un ottimo esponente di quel mix di heritage, vintage, scantinati polverosi e, contemporaneamente, look futuristici e “gusto per lo strano” che i giapponesi hanno insegnato (e involontariamente imposto) al mondo delle sneakers alla fine degli Anni ’90. Un momento incredibile in cui classici del basket anni ’70 e ’80 come Blazer, Dunk e Court Force potevano convivere con gli avveniristici esperimenti dell’Alpha Project.
THE SWOOSH & THE BOLT
La prima sneaker Nike firmata da HF uscì nel 2002, ma la partnership tra i due iniziò ben prima. Alla fine degli Anni ’90 Fujiwara era già un elemento di spicco della scena streetwear giapponese, nonché uno dei creatori di una sorta di “network dello streetwear” che univa Tokyo a New York passando per Londra mettendo in contatto figure come Nigo, Jun Takahashi, Stash, Futura 2000, Shawn Stüssy, James Lavelle, Fraser Cooke, James Jebbia e Mary Ann Fusco.
Il primo ruolo di Fujiwara con Nike fu da consulente e designer. HF contribuì a realizzare numerosi progetti: ideò le colorway di lancio della nuova Air Woven e realizzò i “Monotone” e “Orca” pack in esclusiva per il mercato giapponese, ma questa particolare attività proseguì dietro le quinte anche dopo il lancio del progetto HTM e della collaborazione ufficiale con Fragment Design. Negli anni successivi, tra le altre cose, Fujiwara firmò una delle rarissime Air Presto “Hello Kitty” prodotte per Sanrio, l’Air Force 1 realizzata per celebrare l’anniversario dell’apertura dell’ufficio giapponese di Widen+Kennedy, le due rarissime Terminator “NOISE” e assemblò le palette di colori disponi bili nell’esclusivo iD Studio Celux, situato nel lounge all’ultimo piano del palazzo di Louis Vuitton a Omotesandō.
Come detto, la prima collaborazione ufficiale con Nike arrivò nel 2002, con la release delle Nike Air Force One x Fragment Design. Sono passati quasi vent’anni e ormai le sneakers rilasciate da Nike e Fujiwara sono difficili da contare. Sempre per Fragment Design HF ha realizzato numerose versioni di Dunk (tra cui il celebre “City Pack” del 2010 che ha ispirato la recente release della Dunk x Fragment black/purple), Air Force 1, Air Footscape, oltre a modelli più tecnici (KD6, Hyperchase, Hyperrev) e veri e propri pezzi d’archivio (Lauderdale, Tennis Classic, All Court, Magma).
Dopo anni di rumors, alla fine del 2014 anche la collaborazione tra Fragment Design e Air Jordan diventò ufficiale, con la release della prima Fragment Design x Air Jordan 1. Ancora una volta, come spesso è accaduto nel corso degli anni con le collaborazioni di Fragment Design, l’apparenza inganna: la semplice combinazione di bianco, nero e blu disposti con il classico schema “Black Toe” è in realtà un tributo a un leggendario sample dell’ Air Jordan 1 “Royal” del 1985, apparso per la prima volta su un numero del magazine giapponese “Boon”. Sempre con Fragment Design HF ha successivamente lavorato con il Jumpman alla realizzazione di un’ Air Jordan XXXIV, un’Air Jordan XXXV e un’ Air Cadence. Nel 2020 ha fatto molto discutere la release di un’Air Jordan 3 x Fragment Design in una colorway simile al pack “Orca” rilasciato all’inizio del nuovo millennio, seguita quest’anno dall’uscita dell’attesissima collaborazione a tre che ha visto coinvolti, oltre a Air Jordan e Fragment Design, anche Travis Scott in una rielaborazione delle due Air Jordan 1 TS del 2019 in versione sia Hi che Low.
Durante un’intervista al ComplexCon 2017 con Jeff Staple, Fujiwara ha stupito molti raccontando come fosse inizialmente coinvolto nel progetto “The Ten” di Nike, poi affidato interamente a Virgil Abloh dallo Swoosh. Il designer giapponese ha spiegato come, secondo i piani originali, lui e Abloh avrebbero dovuto realizzare cinque sneakers ciascuno mostrando i sample di un’ Air Max 1, una Cortez e un’Air Force One in due versioni, alle quali si sarebbe dovuta aggiungere la prima versione dell’ Air Jordan 3 x Fragment, vista ai piedi di Fujiwara ma mai resa disponibile al pubblico.
HIROSHI, TINKER & MARK
Quando si parla della sua partnership con Nike, uno dei progetti cui Hiroshi Fujiwara viene più spesso associato è HTM, un’ambiziosa linea che fece il suo debutto nel 2002 firmata da HF, dall’ex CEO e attuale Chairman di Nike Mark Parker e dal leggendario designer Tinker Hatfield. All’inizio del nuovo millennio, in un momento in cui nonostante la crescente popolarità le sneakers restavano un prodotto di nicchia, con HTM Nike ridefinì il modo di concepire, raccontare e distribuire questo prodotto. La “missione” di Hiroshi, Tinker e Mark era quella di creare i migliori prodotti possibili per mettere in risalto le nuove tecnologie di Nike e, contemporaneamente, quella di realizzare alcune delle sneakers più belle di sempre. Nel corso dei successivi quindici anni la linea HTM ha firmato alcune delle sneakers più rare, ricercate (e a volte strane) a portare lo Swoosh e ha contribuito al lancio d’importanti novità come le tecnologie Lunar, Free e Flyknit, alcuni degli step più importanti nella recente evoluzione tecnologica delle calzature sportive.
Come detto, HTM fece il suo debutto nel 2002. Tra i primi modelli parte della nuova linea c’erano tre esclusive colorway dell’Air Woven limitate a sole 1500 paia prodotte. Una di queste finì anche ai piedi di Bill Murray durante una scena del film di Sofia Coppola “Lost in Translation” (2003) in cui, in un breve cameo appare anche Fujiwara, in dolce compagnia in un locale di Tokyo. La tecnologia Woven sarà ampiamente utilizzata in numerosi dei primi progetti del gruppo HTM, che con la loro linea tennero a battesimo con altre tre colorway numerate anche l’Air Footscape Woven, modello ibrido che sommava Air Woven e Air Footscape ispirandosi alle nuove tecniche introdotte dalla linea Nike Considered.
Nello stesso periodo, tra il 2002 e il 2007, Nike marchiò con il logo HTM anche numerose edizioni speciali di grandi classici come Air Force 1, Court Force, Terra Humara, Air Moc e Zoom Macropus.
Il focus principale del trio, però, restò sempre fisso sull’innovazione: nel giro di pochi anni HTM firmò la prima release delle Sock Dart, la linea HTM Run Boot, il rivoluzionario Solarsoft Moc e, nel 2012, il lancio global della nuova tecnologia Flyknit: nel corso di qualche mese a cavallo tra la primavera e l’estate di quell’anno Nike rilasciò diverse colorway estremamente limitate di Flyknit Trainer, Flyknit Racer e Lunar Flyknit Trainer 1+, tra cui spicca anche la versione “Medal Stand” indossata dagli atleti statunitensi sui podi delle Olimpiadi di Londra.
L’ultimo grande progetto firmato HTM fu il lancio della Nike Zoom Kobe 9 Élite, il modello che segnò il debutto del Flyknit anche nel mondo del basket. In occasione del lancio Nike realizzò quattro diverse colorway della Kobe 9, ciascuna disponibile in sole cinquanta paia esclusivamente a Milano, durante l’importante calendario della Design Week. L’anno successivo fu il turno della Kobe 10 HTM, seguita dalla partecipazione di Hiroshi, Tinker e Mark alle celebrazioni dell’ Air Max Day del 2016, progetto che – seppur in maniera superficiale, sancì la chiusura della linea HTM.