Editorial - June 9, 2022

On The Ground: Vincenzo Berlen

On the ground: storie di persone, streetwear e città. In questo episodio scopriamo Vincenzo Berlen

On the ground: storie di persone, streetwear e città. In questo episodio scopriamo Vincenzo Berlen

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Questa è una serie di storie di individui che raccontano sé stessi, le loro passioni e il loro lavoro. Persone unite da un punto di vista chiaro e determinante verso il cambiamento dei trends all’interno delle principali città italiane, quelle in cui sono nati, in cui vivono o in cui hanno vissuto. Ognuno di loro fa parte di un mondo diverso, molti sono legati all’urban culture, altri alla moda, all’arte o al design. Dopo essere passata a Roma, mi sono spostata a Milano dove ho incontrato Vincenzo Berlen, che ci ha parlato del suo lavoro e della sua storia.

Chi sei? Cosa fai? Raccontaci di te…

Mi chiamo Vincenzo classe 1993, sono nato e cresciuto a Milano e attualmente ricopro i ruoli di Retail Manager e Buyer Italia per Patta.

Da dove sei partito? Come sei arrivato a fare quello che fai?

A 17 anni lavoravo part-time da Foot Locker a Sesto San Giovanni come magazziniere. A 18 anni ho firmato l’indeterminato per poi essere spostato, dopo un paio di anni, nel negozio in San Babila come Chief Leader. Nel frattempo ricevo una proposta da adidas come Sales Assistant per l’apertura dello store in Via Toqueville ed è stata un’esperienza incredibile, perché sono arrivato nel momento in cui adidas ha cavalcato il suo momento più hype in assoluto, sono entrato in una parte della storia di adidas che è stata fondamentale per l’azienda. Con il subentro di Kanye che ha stravolto gli automatismi di una corporate che aveva bisogno di svecchiare, l’onda delle NMD. Fenomeni che hanno oscurato Nike e messo in luce adidas. La richiesta di prodotto era aumentata incredibilmente, nessuno era abituato a vedere file interminabili fuori dai negozi. Nel 2018 mi sono licenziato per lavorare come freelance per NTR dove ho imparato a fare il buyer – nel frattempo stavamo mettendo le basi per l’apertura di Patta facendo su e giù dall’Olanda. La parte più difficile è stata trovare un negozio che fosse in linea con le loro richieste, ci abbiamo messo circa un anno e mezzo.

Quali cambiamenti ha apportato l’apertura di Patta a Milano secondo te?

Cambiamenti rilevanti non credo, a parte aver sconvolto gli animi di tutti perché nessuno ne era a conoscenza, non era stato comunicato in nessun modo. Di solito l’apertura di un nuovo store in una nuova città comporta tutta una serie di passaggi obbligati come mettere a conoscenza gli store limitrofi e tante altre cose, che in realtà non sono state fatte. Volevamo portare un brand internazionale diretto, che fino al momento non c’era e risvegliare un po’ Milano che da questo punto di vista era un po’ morta, aveva bisogno di fare un salto di qualità per arrivare ad essere più internazionale, globale, europea.

Quali sono i vostri punti di forza? Quanto è importante la community?

Bhe, il nostro punto di forza reale è proprio la community, che da quando abbiamo aperto si è formata subito. La gente aveva bisogno di una ventata di aria fresca, di un qualcosa di nuovo a cui aggrapparsi. La community fa parte del DNA di Patta, sia a Londra che ad Amsterdam le community sono molto forti, tanti aspetti della vita del negozio ruotano attorno ad essa. Si è creato un giro di persone che condividono un sacco di cose con noi, c’è anche una squadra di calcetto, faremo un running team come quello di Amsterdam, a breve – forse – tanti progetti che coinvolgono e coinvolgeranno tante persone. “Patta Got Love For All”.

Quali sono i brand ai quali sei più legato e perché?

A parte Patta ovviamente. Vado molto a periodi, a parte Stüssy e Carhartt che mi rappresentano da sempre anche per il mio periodo da skater, in generale non ho dei brand preferiti. Viviamo in un periodo storico in cui tutto viaggia troppo e molto velocemente e che non mi consente di dire che un qualcosa sia la mia cosa preferita, quindi non riesco a rimanere legato ad un brand per più di un tot. Mi piace cambiare, sperimentare, informarmi, viaggiare e fare ricerca su nuovi brand e nuove ondate, mi piace cambiare. Posso dirti che essendo cresciuto negli anni ‘90, Nike è il brand che più mi rappresenta in assoluto – a livello di sneakers – nonostante abbia lavorato per e indossato altri brand, è quello che più mi vedo addosso.

Quali sono secondo te i trend che hanno contraddistinto Milano e che hanno condizionato l’andamento della moda in questi anni?

Secondo me non è una questione di trend, posso citarti Off-White, Stone Island, Supreme, ma Milano non si fa influenzare, è un fattore di crescita delle persone. Milano si è uniformata pian piano ad altre città europee e nel mondo che erano molto più avanti di noi, che sperimentavano di più. Semplicemente si è aperta un po’ la mentalità delle persone, le generazioni stanno cambiando quindi il processo è che i trend cambiano. Il mondo della moda si sta unificando, non è più legato ai luoghi e alle città, ma all’unificazione di tutti quelli che sono i trend globali.