Gennaio 21, 2022

So Deep #2: l’Estetica nella Cultura Gabber

Nel corso degli anni, tanti simboli di stile hanno rappresentato delle subculture intere. Ripercorriamo la storia del movimento Gabber.

Nel corso degli anni, tanti simboli di stile hanno rappresentato delle subculture intere. Ripercorriamo la storia del movimento Gabber.

Alessandro Ranieri

Per capire al meglio cosa ha rappresentato la cultura Gabber, dalla metà degli anni ‘80 fino ai primi ‘00, è doveroso fare un viaggio nelle sue radici: Rotterdam. In Olanda, spesso l’importanza e la centralità di Amsterdam ha surclassato le altre città del Paese, nascondendo le reali potenzialità e tradizioni di ognuna di esse. Il movimento Gabber nasce proprio da un senso di ribellione verso la capitale olandese, all’epoca luogo di un’importante scena techno-house e per i cittadini di Rotterdam “troppo pretenziosa e snob”.

Nel 1992 uscì il pezzo “Amsterdam Waar Lech Dat Dan?” – ovvero: Dove sta Amsterdam? – firmato da Paul Elstak e Rob Fabrie. Sulla copertina del disco uno dei più famosi monumenti di Rotterdam, la torre Euromast, era stata raffigurata in modi antropomorfici e nell’atto di urinare, ubriaca, sulla città di Amsterdam. Messaggio chiaro, no?

Chi sono i Gabber?

Per essere identificati, avevano bisogno di distinguersi in maniera dura e forte: la musica Gabber divenne il simbolo dei ritmi a 200 bpm e della cultura hardcore giovanile nei primi anni ‘90.  Venne anche inventata la “Hakken Dance” che rappresentava i movimenti tipici di un ballerino gabber: avanti, indietro e lateralmente a ritmi forsennati.

Immagine Dazed

La prima vera traccia gabber arriva da Francoforte nel 1990, quando il DJ Marc Acardipane produce ‘We Have Arrived’. L’hardcore e la distopia dei suoni avevano fatto intuire l’arrivo di una nuova era. Da quel momento, si sono susseguiti diversi luoghi e festival, come Villa Parkzicht, A Nightmare in Rotterdam, The Energiehal e il Thunderdome, che hanno segnato il movimento Gabber e hardcore.

Il Thunderdome è universalmente riconosciuto come il più grande rave hardcore del mondo, capace di riunire 50 mila persone nel 2019, un record assoluto.

Da quella traccia storica, Acardipane  e Thorsten Lambart fondarono la più importante etichetta gabber, nel 1989: Planet Core Productions. Fino al 1997, erano diventati i catalizzatori dell’intero movimento gabber dando il via alla sua completa diffusione. Alla stessa maniera, Paul Estak è stato un altro che ha spinto la cultura gabber al successo. Partendo come DJ hip-hop nel 1987, si è evoluto sempre più verso suoni hardcore e techno che sono culminati con la fondazione del suo gruppo “Holy Noise”, assieme a Rob Fabrie e Richard van Naamen.

Un’escalation di eventi significativi, non solo per la cultura gabber, ma per un intero Paese alle prese con una rivoluzione sociale senza precedenti.

In olandese, “Gabber” significa “fratello”, un nome che non sarà scelto per caso. Il movimento divenne un contesto dove essere riconoscibile a partire dall’outfit che si indossava era un must. Teste rasate a zero, tracksuit Australian o Fila e Air Max BW ai piedi identificavano il gabber tipo in ogni suo aspetto. Un’estetica insolita che, dall’esterno, richiamava  accostamenti con skinhead e derive naziste.  Essere parte della cultura gabber rappresentava tutt’altro, cioè un senso di comunità forte attorno alla propria passione. I gabber non volevano sovvertire nessun sistema sociale, ma sentirsi riconosciuti nella loro integrità senza discriminazioni.

Immagine VICE

Essere Gabber vuol dire Unione

Nel 1994, i fotografi olandesi Ari Versluis e Ellie Uyttenbroek hanno creato il progetto Exactitudes, un vero e proprio studio sociologico sulla natura dell’individuo e della collettività nella società. La cultura Gabber, nella sua estetica ribelle, è stata la prima ad essere documentata nel libro attraverso 1386 ritratti scattati in strada e in studio dai due fotografi ed è la stessa ad aver appassionato Ari Versluis, come dichiarato a VICE

“È stata la prima vera cultura giovanile olandese, fatta di ragazzi che ascoltavano hardcore e techno pesante e si mettevano tute fluorescenti. Era pazzesco. Rotterdam è passata da non avere nessuna etichetta discografica ad averne improvvisamente 2000, tutte gabber, ed è successo prima di internet, quindi era qualcosa di nostrano e genuino. Inoltre, grazie a loro è cambiato il modo in cui si guarda allo street style in Olanda—ci ha fatto cambiare parametri.”

Questi parametri che non vengono definiti da Versluis si percepiscono chiaramente nell’impatto culturale in modo tangibile, anche se non realmente fisici. Un lavoro mastodontico, non solo per l’enorme quantità di persone coinvolte ma per il valore creato con il progetto: raccontare la diversità del mondo attraverso l’estetica. Per celebrare l’era Gabber non sono mancati i momenti “fashion”, come la collaborazione tra Patta, Aux Raus e Australian del 2010 che riportava in vita il mito delle tracksuit e la collezione S/S del 2000 di Raf Simons “Summa Cum Laude”.

Immagine Grailed

Nel 2011, Alberto Guerrini in arte “Gabber Eleganza” si è lanciato prima nella creazione di un Tumblr completamente dedicato a reperti d’archivio Gabber e poi diventato uno dei musicisti hardcore più famosi del momento. Scorrendo il suo immenso blog, si ritrovano foto e video di serate storiche, ritagli di giornale dell’epoca, manifesti di eventi e tanta gente sorridente. Il movimento Gabber divenne, per molti, il giusto modo di convogliare l’hardcore e quella musica “oscura” in energia positiva per vivere nella società. Il fatto stesso di avere un dress-code ben preciso era segno di un tribalismo intenso verso la cultura Gabber.

L’estetica Gabber nel mondo

Il logo “The Wizard” è uno dei simboli che identifica immediatamente il movimento. Nato come un murale di graffiti dell’artista MODE 2 è stato reso famoso da ID&T come logo del rave Thunderdome. Nel mondo, sono migliaia le persone con il logo tatuato, a conferma della carnalità con cui si percepisce la cultura Gabber. L’hardcore che si percepisce dall’esterno non è lo stesso per chi lo vive ogni giorno: c’è lealtà, comunità e un senso morale di devozione al movimento.

Lo stesso Guerrini, con il suo progetto musicale, d’archivio e visuale, ha voluto riportare in auge quel senso di comunità che si era perso nei primi anni ‘00. Il suo lavoro di ricerca è stato fortemente apprezzato perché ci ricorda quanto sia importante scavare a fondo di una cultura passata per capire come si svilupperà nel futuro. E nel suo blog racconta attraverso l’aspetto visivo l’evoluzione nel tempo della cultura gabber, fino ai riferimenti nella moda come Gosha Rubchinskiy e lo spot di Dior Homme per la collezione 2017/2018, curato dallo stesso Alberto Guerrini. 

 L’artista italiano, inoltre,  ha creato l’etichetta “Never Sleep” che rappresenta un mix di merchandising, libri, fanzine ed eventi legati alla cultura Gabber in ogni sua sfaccettatura.Scorrere nel suo archivio non richiede un ordine cronologico preciso, quanto una predisposizione mentale alla comprensione di una cultura così rude nell’aspetto ma fortemente inclusiva. Esplorare il passato e il presente dei Gabber rappresenta un viaggio infinito nella classe media di ragazzi uniti verso un’unica passione, fieramente lontani da ogni condizionamento sociale e politico.